Tre anni fa l’arresto di Doddore Meloni

Strada Statale “Nord-Occidentale Sarda” 292, territorio di Massama, comune di Oristano. 28 aprile 2017. Le gazzelle dei Carabinieri sfrecciano a tutta velocità, con le sirene spiegate. Pochi secondi prima, una piccola auto rossa era passata in direzione della Casa Circondariale di Massama. A bordo, Doddore Meloni. Vuole costituirsi ed entrare in carcere, e vuole farlo a modo suo, con un discorso e con la bandiera dei Quattro Mori indosso, in occasione della festa del popolo sardo. Noi eravamo a Quirra, chiusi in un recinto di polizia antissommossa che ci impediva di manifestare contro l’occupazione militare della Sardegna. I Carabinieri fecero di tutto per fermarlo, tanto che le cronache della stampa oristanese registrano un fatto abbastanza singolare: nella fretta di impedirgli di entrare in carcere a modo suo, gli agenti si scordarono il mandato di carcerazione. Doddore e la sua avvocata fecero cortesemente notare che, senza quel foglio, non poteva esserci alcun arresto. In attesa del mandato, uno stallo messicano impegnò la statale, bloccando l’ingresso Nord di Oristano per più di mezz’ora. La notizia arrivò subito anche a Quirra, ma non la prendemmo sul serio: Doddore uscirà, pensavamo tutti, un’altra occasione per fare i suoi soliti show. Continua la lettura di Tre anni fa l’arresto di Doddore Meloni

28 de abrili 2021: totus in paris

Ocannu, pagu de fai: sa Die de sa Sardigna tocat a dda festai d’ogni unu in domu sua. Cancu annu fait, dd’iaus festada acorraus in d’unu cungiau de Giustitzia Antisommossa in Chirra, sa pròpia di’ chi iant arrestau a Doddore Meloni. Olliaus protestai cuntr’a s’ocupatzioni militari de sa Sardigna, ma s’Italia no si dd’iat permitiu. Is aterus annus, dd’eus passada fendi barchiteddas de paperi, ballendi a ballu tundu o fendi visitas tematicas in is logus de su fallimentu de su Piano di Rinascita. Totu cosas bellas, totu cosas chi fiant giustas po’ is tempus chi si biviant. Continua la lettura di 28 de abrili 2021: totus in paris

Impianti a biogas vicino ai centri abitati. Ecco la delibera regionale

Pubblicata la delibera della Regione sugli incentivi agli impianti di produzione energetica a biomasse (ne parlavamo qui) e, come ci si poteva tranquillamente aspettare, non c’è scritto nulla. L’atto politico, infatti, si limita ad approvare le Linee guida per la regolamentazione e l’incentivazione dello sfruttamento delle risorse finalizzate alla realizzazione di impianti a bioenergie in Sardegna.

Nel documento tecnico, redatto col supporto di società esterne, l’elemento più politico – legato, quindi, alle strategie che la Regione dovrebbe mettere in campo nei prossimi anni – riguarda la scelta di indirizzare le preferenze nei confronti degli impianti alimentati a biogas.

Il biogas, i tecnici esprimono la loro preferenza per il biometano, può essere prodotto dal trattamento di varie materie prime, così elencate nelle linee guida:

  • Scarti dell’industria agro-alimentare: tutti gli scarti organici prodotti durante i processi agricoli e zootecnici.
  • Sistemi colturali e produzione di biomassa: in sostanza, coltivazioni dedicate a specie vegetali (girasole, canna, colza, etc.) ad alto rendimento energetico.
  • Reflui zootecnici: soprattuto le feci degli animali da allevamento, ma non solo.
  • Depurazione delle acque: i fanghi prodotti nei processi di depurazione, gli stessi, per intendersi, dell’impianto di Magomadas.
  • FORSU: Frazione organica dei rifiuti solidi urbani.

Fra queste materie, scrivono i tecnici, sono da preferire quelle derivanti da scarti rispetto a quelle provenienti da colture dedicate che portano con sé i rischi legati all’impianto di monoculture.

Sembrano esclusi, dalle linee guida, gli impianti che producono energia a partire dalla lavorazione dei rifiuti solidi urbani, anch’essi utilizzabili – così scrivono i tecnici – per la produzione di biogas.

L’indicazione, recepita dalla Giunta, è quella di incentivare la realizzazione di impianti cogenerativi con teleriscaldamento così alimentati in aree industriali e in prossimità di centri urbani.

 

Regione: centrali a biomasse vicino ai centri abitati

«In Sardegna impianti a biomassa vicini ai centri abitati», la prospettiva arriva da un comunicato stampa congiunto del’assessora regionale all’Industria, Anita Pili, e di quello all’Ambiente, Gianni Lampis. Non si sa altro, ma ormai dovremmo esserci abituati: da quando è arrivato Solinas infatti, le delibere di Giunta vengono approvate ma non pubblicate immediatamente sul sito. I comuni cittadini, dunque, non ne conoscono il testo, e nemmeno la stampa, che si ritrova a dover rilanciare i comunicati dell’esecutivo nei quali, ovviamente, c’è scritto solo quello che Solinas e i suoi vogliono far trasparire. Il motivo non lo si capisce, dato che qualsiasi comune in pubblica le delibere di Giunta poche ore dopo averle approvate, al massimo il giorno dopo. Per la Regione no, e i tempi di attesa sono del tutto arbitrari, talvolta di settimane.

Perciò dobbiamo attenerci al comunicato rilanciato nella mattinata dalle testate online isolane. E nel testo, fra gli impianti finanziabili dalla Regione, rientrano anche quelli di tipo cogenerativo con teleriscaldamento. Per farla semplice, si tratta di impianti che producono energia tramite la combustione di biomasse e che utilizzano una parte del calore prodotto, che altrimenti si disperderebbe, per alimentare impianti di riscaldameno che possono servire edifici di ogni genere. Più avanti, i due assessori prospettano anche la modifica dei piani urbanistici comunali, allo scopo di consentire la realizzazione di «impianti termici a biomassa in prossimità dei centri urbani».

Ora, intendiamoci, su queste basi non è possibile fare alcuna previsione su ciò che questa delibera comporterà. Bisogna attendere la pubblicazione del testo integrale che, in un paese civile, sarebbe già dovuta avvenire. Sicuramente, le esperienze delle speculazioni energetiche, tentate e spesso riuscite, avvenute sulla terra sarda negli ultimi anni non lasciano ben sperare rispetto alle intenzioni della giunta Solinas. D’altra parte, il termine biomasse è tropppo generico: dentro ci finiscono colza e pellet, così come residui di lavorazioni industriali, rifiuti di allevamento o rifiuti urbani.

Senza entrare nel merito di questioni ambientali e ingegneristiche legate al funzionamento degli impianti a biomassa, e dunque senza formulare un no aprioristico, alcuni paletti vanno posti preventivamente:

  1. Gli impianti di produzione energetica dell’isola devono essere finalizzati al consumo interno e dunque dimensionati in relazione con questo aspetto.
  2. Ogni intervento sul territorio va concertato e condiviso con le comunità che lo abitano.
  3. I principi della tutela ambientale e della salute sono incondizionati e non negoziabili.

Attendiamo la pubblicazione della delibera, per poter fornire un giudizio più completo.

dp

Dall’apriscatole alla casta

Sicuramente il dibattito scientifico l’avrà superata da parecchio, ma la legge ferrea dell’oligarchia formulata agli inizi del Novecento dal sociologo tedesco Robert Michels, continua ad avere una potenzialità predittiva interessante. In sostanza, non ce ne vogliano i sociologi per la semplificazione, l’idea di Michels era questa: qualsiasi organizzazione politica dopo un po’ di tempo trasforma i propri mezzi, nei propri fini. In altre parole, lui si riferiva alla SPD tedesca, gli obiettivi ideologici lasciano sempre più spazio agli obiettivi pragmatici della perpetuazione, a tutti i costi, della propria esistenza.

L’ultima vittima, in ordine di tempo, è il Movimento 5 Stelle, che dall’apriscatole è passato in pochi anni al riempipoltrone. Ve li ricordate i tempi della scatoletta di tonno? Finiti. E il balletto col Partito Democratico sulle nomine nelle principali società pubbliche è l’acme di un percorso che va avanti da tempo. Il Movimento viene dato dagli ultimi sondaggi sotto il 15%. Sanno che la fine si sta avvicinando, così – complice anche il rischio sempre più concreto di una crisi di governo – la sua fazione governativa ha dato un’accelerazione alle procedure per lo spoil system all’interno dei colossi dell’industria pubblica italiana, quando il buon senso avrebbe consigliato – in una situazione di provvisoria sospensione di molti istituti della democrazia partecipativa – di rimandare l’operazione. Il prezzo è l’acuirsi delle tensioni interne, con il ritorno in grande stile di Di Battista, che guarda a destra e propone una nuova collocazione internazionale per l’Italia, al fianco della Cina in rottura non solo con gli USA, ma anche con l’Unione Europea.
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