Tre anni fa l’arresto di Doddore Meloni

Strada Statale “Nord-Occidentale Sarda” 292, territorio di Massama, comune di Oristano. 28 aprile 2017. Le gazzelle dei Carabinieri sfrecciano a tutta velocità, con le sirene spiegate. Pochi secondi prima, una piccola auto rossa era passata in direzione della Casa Circondariale di Massama. A bordo, Doddore Meloni. Vuole costituirsi ed entrare in carcere, e vuole farlo a modo suo, con un discorso e con la bandiera dei Quattro Mori indosso, in occasione della festa del popolo sardo. Noi eravamo a Quirra, chiusi in un recinto di polizia antissommossa che ci impediva di manifestare contro l’occupazione militare della Sardegna. I Carabinieri fecero di tutto per fermarlo, tanto che le cronache della stampa oristanese registrano un fatto abbastanza singolare: nella fretta di impedirgli di entrare in carcere a modo suo, gli agenti si scordarono il mandato di carcerazione. Doddore e la sua avvocata fecero cortesemente notare che, senza quel foglio, non poteva esserci alcun arresto. In attesa del mandato, uno stallo messicano impegnò la statale, bloccando l’ingresso Nord di Oristano per più di mezz’ora. La notizia arrivò subito anche a Quirra, ma non la prendemmo sul serio: Doddore uscirà, pensavamo tutti, un’altra occasione per fare i suoi soliti show.
Non fu così, quel giorno l’indipendentista terralbese cominciò uno sciopero della fame che lo portò il 5 luglio a morire di stenti, prigionero dello Stato che aveva sempre combattuto.

Qualcuno parlò di un’ossessione per la figura di Bobby Sands che ormai rasentava la follia, qualcun altro riconobbe in Meloni la forza d’animo di un uomo che, costi quel che costi, aveva deciso di non piegarsi alle leggi di uno Stato che non riconosceva. Altri risero. Troppi, soprattutto nel mondo indipendentista, tacquero. Mentre Doddore, un gigante di due metri e 110 chili, si trasformava in un fantasma.

Era in carcere per reati fiscali, quell’uomo. A 74 anni, di fronte a uno sciopero della fame, nessuno, fra quelli che potevano decidere la sua sorte, pensò che fosse assurdo tenere un vecchio in galera, nonostante procedesse sempre più veloce verso la fine dei suoi giorni. Che importa, se quei reati li aveva commessi per coerenza nel rifiuto dello stato o per furberia? Può un uomo che non aveva mai commesso violenza morire di stenti sotto la custodia di uno Stato che ha l’ardire di definirsi civile?

Non vogliamo condanne, non ci interessa la verità processuale. Né ci interessa un giudizio morale o politico sulla figura di Doddore. La verità politica e storica è sotto gli occhi di chiunque non voglia fingersi cieco: un uomo morì per aver evaso le tasse. Non capita tutti i giorni, in Italia, che si finisca al fresco per evasione fiscale. Forse, l’essere indipendentista non lo aiutò granché.

Sono passati solo tre anni, ma sembra che di quei fatti non importi più nulla a nessuno. E già erano pochi, coloro a cui importò mentre si consumavano. Mentre di fronte ai nostri occhi si svolgeva una vera e propria cronaca di una morte annunciata. E anche molti di quelli che non stettero in silenzio, come noi, non fecero abbastanza.

dp