Presentazione della Federatzione Sarda de sa Gioventude Indipendentista

Vi invitiamo tutte e tutti venerdì 3 febbraio alle ore 10 presso l’Hotel Mariano IV (Piazza Mariano 50, Oristano) alla conferenza stampa di presentazione della neonata Federatzione de sa Gioventude Indipendentista.

Durante la conferenza saranno illustrati gli obiettivi e le finalità della FGI, che riunisce collettività già strutturate e singoli individui già operanti nei vari territori dell’isola, all’interno di una rete che mira all’accrescimento della coscienza nazionale sarda e alla costruzione di un fronte comune giovanile contro il colonialismo italiano.
I campi d’azione entro cui lavorerà la FGI sono quelli dell’educazione e del lavoro giovanile, con il fine di raggiungere una reale sovranità nel campo della scuola e dell’Università e in materia di politiche per il lavoro giovanile.

La FGI aggrega giovani con un’età compresa fra i 14 e i 30 anni e non è un’emanazione di partito, e per tal motivo non parteciperà a nessuna competizione elettorale.

La gente, le bufale e i social: una lezione gramsciana.

Post-verità, alternative facts, bufale… sono questioni all’ordine del giorno nel dibattito

Di Popo le Chien – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49999964

pubblico dei paesi occidentali. Potranno sembrare questioni oziose rispetto alle condizioni dei precari, all’emergenza abitativa o alla crisi dei migranti, ma effettivamente hanno (o perlomeno dovrebbero avere) un peso rilevante nell’elaborazione della strategia politica dei movimenti di sinistra, dal momento che la politica non è influenzata solo dalle condizioni materiali delle persone. Questo ce lo insegna la storia, perché l’avvento del fascismo è stato favorito fra le altre cose dall’appoggio, o perlomeno dalla non ostilità, degli operai, benché fosse chiaro fin da subito il ruolo antisindacale dello squadrismo. Dunque la povertà e l’oppressione non sono una condizione sufficiente perché le classi subalterne si orientino verso i movimenti che puntano alla redistribuzione della ricchezza, poiché entrano in gioco altri fattori, quelli dell’ideologia e dell’immaginario, sovrastrutturali. Solo una lettura ottusa di Marx può credere che il rapporto tra struttura e sovrastruttura sia univoco, quando è evidente come il processo sia circolare.

Ecco, quando per esempio si leggono o sentono interventi anti-migranti, provocati in certe persone dalla lettura acritiche di bufale, la reazione di sdegno non può non colpirci. Tuttavia tale reazione è problematica, perché effettivamente molto spesso coloro che credono a queste panzane e nutrono e autogiustificano così il proprio istinto di rigetto nei confronti del diverso sono appartenenti a quei gruppi sociali che sono, o dovrebbero essere, al centro dell’interesse della sinistra: marginali, lavoratori non specializzati, precari, esclusi dal mondo dell’istruzione, etc. Si tratta di una vera e propria sfida: come integrare nel discorso politico della sinistra queste persone? Come superare e sconfiggere il razzismo o il complottismo? Molte persone, con un livello culturale medio-alto e una posizione di sinistra sia in ambito economico e sociale che in quello dei diritti civili, non accettano questa sfida e si rifugiano in forme di elitarismo che vengono accentuate dagli algoritmi di Facebook, che costruiscono una bolla dentro la quale gli utenti vedono comparire in genere soprattutto contenuti politici di loro gradimento. Queste forme di elitarismo possono essere la richiesta di legare il diritto di voto al livello culturale delle persone (vedi pagine Facebook come Aboliamo il suffragio universale, che dimenticano che per anni il metodo usato negli USA per escludere i neri dal voto sono stati i test di alfabetizzazione) oppure la chiusura in sé stessi del mondo scientifico (vedi il medico osannato per aver detto che “la scienza non è democratica”, dimenticandosi che la scienza funziona proprio quando è aperta al dibattito, sennò diventa come la religione, cioè dogmatica). Continua la lettura di La gente, le bufale e i social: una lezione gramsciana.