Una Boldrini non fa primavera

Oristano agghindata, e schiaffeggiata dal vento, ha accolto in questi giorni di inizio primavera la presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini. È stata una splendida occasione per la piccola classe politica locale per scatenarsi in polemiche, il più delle volte sterili, culminate nel ridicolo del dividere il fronte degli studenti scatenando la gara a chi è migliore fra i classicisti e quelli delle altre scuole.

Queste visite ufficiali lasciano sempre una brutta sensazione, quella della colonia britannica che accoglie i membri del parlamento di Westminster sfoggiando tutto il folclore possibile. L’impressione è quella che abbiamo bisogno di dimostrarci particolari e speciali alla classe dirigente italiana, citando personaggi del nostro passato (e magari ricontestualizzandoli in maniera storicamente ridicola) e dimostrando come siamo tuttora legati alle tradizioni (che invece spesso sono diventate pura esaltazione folcloristica a scopi turistici) e questo è il sintomo più evidente del fatto che non riusciamo ad elaborare una coscienza di popolo radicata nel presente e proiettata nel futuro, che ci auto-consideriamo un aborto di nazione che ha bisogno del sostegno esterno per non morire definitivamente. Continua la lettura di Una Boldrini non fa primavera

Sinistra e Indipendentismo, un contributo al dibattito.

Sul tema dell’indipendentismo i dati a nostra disposizione sono incoraggianti, ma in apparenza contradditori: una percentuale superiore al 20% dei sardi, variabile a seconda delle liste che si decide di includere nel conteggio, ha votato per partiti cosiddetti etnoregionalisti alle scorse elezioni regionali; i dati di una ricerca dell’università di Cagliari e di quella di Edimburgo dicono che il 41% dei sardi vorrebbe intraprendere un percorso di autodeterminazione con l’obiettivo dell’indipendenza. C’è uno scostamento evidente, fra il numero di indipendentisti in Sardegna e quelli che decidono di tramutare il loro pensiero in una scelta elettorale. Certo, se si pensa che fino a trent’anni fa l’indipendentismo era poco più che un esercizio intellettuale, è immediatamente intuibile quanti passi in avanti siano stati fatti. Cosa può aver determinato questi passi in avanti? Sul piano interno credo abbia un ruolo rilevante la crisi del Partito Sardo d’Azione nel ’94, dopo le due legislature Melis in Regione. Il Psd’Az, da sempre interessato a presentarsi come l’unico rappresentante legittimo dell’etnoregionalismo sardo (e in effetti per gran parte della sua storia è stato l’unico), non riuscì a soddisfare le aspettative del vento sardista degli anni Ottanta e si ritrovò a pagare il prezzo di un’alleanza tattica fallimentare col PCI; questo probabilmente spinse numerosi intellettuali, politici ed elettori, a cercare di elaborare un pensiero sulla Sardegna al di fuori degli schemi tradizionali del sardismo, ormai superato dalle condizioni storiche. Sul piano esterno certamente ha una gran rilevanza la crisi di legittimità di tutti i partiti italiani a partire da Tangentopoli, crisi fino ad ora mai interrotta, così come la definitiva certezza, scientifica, del fallimento delle politiche dell’Autonomia dal ’48 ad oggi. La situazione in cui oggi ci troviamo è dunque frutto di alcuni fattori, interni ed esterni, positivi in relazione alla crescita del pensiero indipendentista. Continua la lettura di Sinistra e Indipendentismo, un contributo al dibattito.