2 Dicembre a Terralba pro una Caminera Noa

La scorsa estate, in un giorno di fine Luglio a Santa Cristina di Paulilatino, un centinaio di militanti e attivisti di diversa provenienza impegnati nella difesa del territorio dalla speculazione energetica, nelle lotte contro lo sfruttamento del lavoro in tutte le sue facce (voucher, tirocini, flessibilità, lavoro nero, ecc..) e nelle battaglie che riguardano l’autodeterminazione della nazione sarda e la tutela del suo patrimonio linguistico e culturale hanno deciso di iniziare a progettare insieme un nuovo percorso. Quest’ultimo sarà presentato pubblicamente nelle prime tre assemblee territoriali di Sassari (24 novembre), Terralba (2 dicembre) e Bosa (9 dicembre).

Ecco, intanto, le prime tappe della nuova strada: gli obiettivi e le mobilitazioni concordate nell’assemblea di Bauladu del 17 settembre:
– adesione agli sciperi generali del sindacalismo di base del 27 ottobre e del 10 novembre, avanzando una vertenza propria sull’inserimento della lingua sarda nel curricolo scolastico;
– richiesta alla Regione Autonoma della Sardegna di cambiare le regole sui tirocini – visto che ne ha competenza – disattendendo completamente le nuove linee guida della Conferenza Stato-Regioni e formulando delle linee guida regionali migliorative per i tirocinanti;
– inizio di un percorso di libera discussione sui territori dell’isola per continuare il dibattito iniziato la scorsa estate a S. Cristina

Il nuovo percorso – Insomma una strada veramente nuova per una esperienza politica che non ha una segreteria, un portavoce e diramazioni organizzative, ma che procede per assemblee plenarie, comitati volontari e valorizzazione delle singole competenze e la cui unica finalità è coordinare in maniera efficace delle lotte importanti per difendere la Sardegna dal saccheggio e i lavoratori dallo sfruttamento capitalista.

Così la tabella di marcia stabilita a S. Cristina lo scorso luglio è stata pienamente rispettata ed entro Natale si terranno le prime tre assemblee territoriali. Si inizia da Sassari, il prossimo venerdì (24 novembre) alle ore 18:30 nell’auditorium del Carmelo, in Viale Umberto (poco più su dell’ex mercato civico).
Il 2 dicembre sarà la volta di Terralba, alle ore 18:00, presso la sede della USB in Via Roma 27 e infine il 9 dicembre a Bosa presso la Casa del Popolo in via Cugia n° 14.

Le assemblee saranno l’occasione per fare il punto sullo stato dei lavori e per recepire nuove idee e proposte in vista della prossima plenaria che si terrà – secondo tabella di marcia – a gennaio.

Note sull’acquisto della SOGEAOR da parte del DASS

Torna in ballo la questione del Sistema di Navigazione Inerziale.
Cao ha negato a giugno ogni relazione tra il progetto e la 
ricerca militare. Uno dei partner del progetto però, 
la GEM Elettronica, sul suo sito non nega per niente queste 
implicazioni.

Oggi, martedì 28 novembre, si è svolta la conferenza stampa dei due soggetti che hanno acquisito la Società di Gestione dell’Areoporto di Fenosu. Due, non più tre: Il Distretto AeroSpaziale della Sardegna e l’Aeronike. Manca la Nurjana Technologies, che pure figurava insieme alle altre due nel raggruppamento temporaneo d’imprese che aveva partecipato alla gara d’appalto. Il motivo per cui la Nurjana Technologies non ha perfezionato la sua partecipazione non lo conosciamo e crediamo sarebbe positiva una spiegazione di questo fatto. Ad ogni modo i due soggetti hanno esposto in linea generale i loro progetti per il futuro di Fenosu, nel comunicato stampa è dichiarato esplicitamente che non ci sarà «alcuna relazione con scenari di guerra neppure simulata». Bene, siamo convinti che questa netta affermazione sia il frutto del lavoro che da qualche anno ormai porta avanti A Foras – Contr’a s’ocupatzione militare de sa Sardigna, di attenta vigilanza e denuncia dei rapporti fra il DASS e il complesso dell’industria bellica. Non ci fidiamo, per il semplice fatto che quando si tratta di argomenti così delicati, fidarsi significa essere superficiali: garantiamo che vigileremo fin da oggi perché questa affermazione non venga smentita dai fatti.

E quest’opera di vigilanza inizia fin da subito. Da fonti stampa apprendiamo che durante la conferenza si è fatto riferimento, fra le altre cose, a possibili sviluppi dell’accordo di ricerca sul Sistema Inerziale di Navigazione con Airbus Space and Defence, il ramo militare del colosso francese dell’areonautica, e la GEM Elettronica di San Benedetto del Tronto, membro del DASS.

 

Insomma, dire che la ricerca sui Sistemi Inerziali di Navigazione non ha niente a che vedere con la ricerca militare ci sembra quantomeno ardito

 

 

Un’altra immagine da cui è facile dedurre che né la GEM elettronica né l’INS sono esenti da implicazioni militari

Qualche mese fa, a giugno, era stata proprio la Furia Rossa a rilanciare la notizia del probabile utilizzo di Fenosu per lo sviluppo del Sistema Inerziale, notizia già uscita sulla stampa nel 2016 e recuperata dai ragazzi e le ragazze del Comitato studentesco contro l’occupazione militare della Sardegna. In quell’occasione Giacomo Cao, presidente del DASS, aveva smentito ogni ipotesi di utilizzo a scopi di ricerca militare, o dual use, di Fenosu e sull’accordo con Airbus aveva detto: «non prevede alcuna applicazione di tipo militare, [ma] non consente di essere divulgato. Saranno i risultati a dimostrare che non vengono prese in considerazione applicazioni di tipo militare ma solo di tipo civile». Ora, noi non abbiamo nessuna ragione per dubitare della buonafede di Cao. Ci interessa però far notare che sul sito della GEM Elettronica i riferimenti al Sistema Inerziale di Navigazione sono inseriti proprio nella pagina dedicata alla ricerca Military & Defence o comunque accompagnati da immagini e diciture significative, cosa non di secondo piano visto che i siti di questo tipo di aziende sono una sorta di brochure web e quindi devono rappresentare secondo i principi del marketing i punti di forza della propria azienda. Insomma, non riusciamo proprio a metterci l’anima in pace e le rassicurazioni di Cao ci sembrano assolutamente insufficienti. Può sorgere naturalmente il dubbio che tutte le cose belle promesse nella conferenza stampa (paracadutismo, areoturismo, protezione civile e ambientale) non siano l’obiettivo principale degli acquirenti del DASS, ma che piuttosto questo possa essere l’utilizzo in partnership con due aziende operanti nel settore della difesa (GEM Elettronica e Airbus Space and Defence) per lo sviluppo di progetti coperti da segreto industriale. Ora, considerando tutti i soldi pubblici spesi negli ultimi anni per Fenosu e che il DASS è un soggetto a forte partecipazione pubblica, chiediamo la massima trasparenza ai soggetti politici coinvolti in questa operazione e vi assicuriamo che noi vigileremo.

RAZZISMO E XENOFOBIA, UNA DISTINZIONE UTILE

L'atteggiamento verso Salvini e verso il pensionato che dice che 
non ne può più di tutti questi immigrati non può essere lo 
stesso. I razzisti vanno combattuti, gli xenofobi persuasi.

Sul web, nelle strade, nei bar: i discorsi razzisti – e conseguentemente gli atteggiamenti dello stesso segno – sono ormai dilaganti. La Sardegna, nonostante qualcuno cerchi di idealizzare un immaginario e atavico spirito di accoglienza innato, non è esente da questo processo infame che vede persone, magari buonissime nella vita di ogni giorno, restare indifferenti o addirittura gioire di fronte alla disperazione dei migranti o all’ennesima tragedia del mare.

Come tutti i fenomeni umani, anche questo è complesso e sfaccettato. Potrebbe essere molto utile affrontare la questione attraverso la differenziazione delle parole per indicare atteggiamenti diversi.

La proposta, che ha un valore politico intrinseco e non è una mera questione di precisione semantica, è la seguente: distinguere tra razzismo e xenofobia. Il razzismo è un atteggiamento fondato sulla credenza della divisione dell’umanità in razze, fatto smentito definitivamente da decenni dalla scienza sia nell’ambito dell’antropologia medica che in quello dell’antropologia culturale. Ne consegue una visione discriminatoria e coscientemente emarginazzante dei gruppi etnici differenti, generalmente finalizzata a scopi politici. La xenofobia, potrebbe essere allora intesa, con riferimento all’etimologia greca della parola, come la paura dello straniero. Paura, appunto, dunque un sentimento irrazionale, non cosciente e non finalizzato ad alcunché. Paura che spesso è dettata da ignoranza, anche senza far riferimento a chissà quali livelli di analfabetismo, nel senso che un laureato con quattro master può essere xenofobo perché non ha la minima conoscenza dei fondamenti dell’antropologia culturale o gli mancano nozioni elementari di storia e geografia.

Qual è il valore politico di questa precisazione? Si tratta di distinguere due obiettivi nella lotta contro il razzismo/xenofobia imperante. Da un lato i razzisti, gli imprenditori politici della paura – Salvini, Fusaro, eccetera – e dall’altra le persone normali, xenofobe perché condizionate dai razzisti, perché l’essere umano innatamente è diffidente verso lo straniero e per ignoranza di discipline che favoriscono la convivenza e affievoliscono le naturali tensioni interculturali. Contro i primi è lecito qualsiasi mezzo, sempre all’interno di una visione tattica intelligente; contro i secondi, l’arma è la persuasione, la gentilezza e la pazienza, ma soprattutto una programmazione culturale e scolastica finalizzata a creare dimestichezza con lo straniero, non paura, perché la paura finisce sempre per diventare odio.

dp

Pigliaru traballa, soffiamo tutti insieme

Mettere coscientemente da parte le differenze e costruire un momento
pubblico di opposizione sociale alla giunta Pigliaru: questo il 
compito dei movimenti nell'ultimo anno e mezzo di governo regionale
del centrosinistra. I partiti indipendentisti pensino alle elezioni,
i movimenti pensino a organizzare l'opposizione sociale.

Il presidente Francesco Pigliaru è in un momento di grave difficoltà politica. Anche se le veline regionali non lo danno a vedere, la situazione nel confronto con il governo ha ufficializzato la posizione della giunta dei professori come peggior governo della storia autonomista. Tre le questioni in campo e il fallimento c’è su tutti i fronti. Si parlava di agenzia sarda delle entrate, di accantonamenti – cioè la somma dell’introito regionale che deve essere destinata al ripianamento del debito pubblico italiano – e di servitù militari e Gentiloni ha fatto lo gnorri su tutti i fronti: «Ci serve tempo per dare una risposta». Unica rassicurazione l’appoggio alla Sardegna per il riconoscimento in Europa della condizione di insularità: insomma un impegno a costo zero, tutto sommato inutile e che perpetua l’immagine di una Sardegna che per andare avanti ha bisogno di assistenza e aiuti da altre realtà, che in cambio possono utilizzarla per farci quello che vogliono. Patetiche le reazioni del Pd, che cerca di salvare sia la facciata autonomista sia il retrobottega sottomesso agli interessi romani. Ciò che emerge chiaramente da questi quattro anni di governo della coalizione Pd-Pds-altrepiccoleforzesovraniste, egemonizzata dal blocco giuridico-economico dei professori dell’Università di Cagliari, è la sensazione di un fallimento totale. La Sardegna è una regione in crisi, checché vogliano farci credere le inutili ventate di ottimismo sponsorizzate da certi mezzi di informazione, e la sua classe dirigente è assolutamente incapace non tanto di sbattere i pugni sul tavolo, quanto solo di pensare di poterlo fare. Il Pd, che in Sardegna non è altro che l’aggregazione della rete di potere di singoli personaggi politici, è in questa fase il principale nemico della Sardegna e delle sue aspirazioni ad un futuro migliore. Probabilmente il centrosinistra italiano verrà spazzato via alle elezioni del 2019, che – comunque vadano – porteranno al potere una forza politica minoritaria e incapace di rappresentare gli interessi dei sardi, grazie a una legge elettorale indegna e antidemocratica, ma gli resta ancora un anno e mezzo di governo, cioè un tempo sufficiente a fare ancora molti danni. Perché oltre a quelle questioni ce n’è altre: c’è il pasticcio della sanità, c’è il declino inesorabile dei due poli universitari esclusi dai finanziamenti ministeriali, c’è la questione delle scorie nucleari, c’è la continuità territoriale e mille altre ancora.

Le forze indipendentiste si confrontano da mesi per trovare un accordo che gli permetta di partecipare unite alle elezioni e preparandole bene potrebbe essere il momento del boom. Sono dinamiche di partiti, ma tutta quella parte della politica che partito non è, che alle elezioni non parteciperà direttamente e che tuttavia si impegna quotidianamente nelle lotte per un futuro migliore, cosa deve fare? Siamo fortemente convinti che la piazza debba fare la piazza.

Quello che manca a Pigliaru è il fiato sul collo di un popolo attento che, giunti a questo punto, non può fare altro che mettere chiaramente in campo la totale assenza di legittimazione, tra i sardi, di questa giunta. Le decine di vertenze di questa terra dovrebbero unirsi e convocare un momento pubblico di opposizione sociale alla giunta. Giustamente ognuno ha le sue battaglie particolari, ma esse rientrano in un quadro politico generale ed in quel quadro non bisogna dimenticarsi di agire, tenendo presente che l’unione fa la forza. Tutto questo, sembrerà assurdo il paragone ma è così, può accadere solo ispirandosi ad un principio di mobilitazione sul modello delle chiese protestanti nordamericane nel ‘700, collaborazione e coordinamento aldilà delle denominazioni particolari di ogni gruppo, trovando l’accordo su pochi punti fondamentali e scelti appositamente per limitare il più possibile gli attriti. Fare la piazza si diceva, quindi non serve preparare nel dettaglio le soluzioni politiche, i consiglieri regionali e gli assessori sono pagati per quello. Bisogna protestare, mettere in chiaro che il modello attuale è dannoso, e costringere quegli undici a mettersi d’accordo e costruire una proposta intelligente per la Sardegna e per il nostro futuro.