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Tenta il suicidio dopo 90 giorni di reclusione nel lager di Macomer

Il disumano è in mezzo a noi. Il disumano siamo noi. Cos’altro dovremmo pensare, leggendo la notizia rivelata da Sardiniapost, del tentato suicidio avvenuto ieri nel campo di concentramento di Macomer?

La cronaca. Tre mesi fa l’hanno prelevato per strada, senza aver mai commesso un reato: l’unica sua “colpa” è il colore della pelle. Sbattuto nel CPR di Macomer, costruito sì per volontà di Salvini ma con la complicità di tutta la politica sarda, a partire da quella di chi a Macomer governa con un controllo politico del territorio senza precedenti nella Sardegna della seconda repubblica, il Partito dei Sardi. Il 28enne conduceva a Porto Pozzo (Santa Teresa di Gallura) una vita normale, lavorava ed era ospite di una famiglia sarda che l’aveva accolto fin da quando era uscito dal Centro di Accoglienza Stroardinaria locale. Ma un giorno qualche solerte agente ha deciso che lui non aveva il diritto di vivere libero. E così, 13 giorni dopo l’apertura di quel lager di stato, è stato sbattuto dentro. In un luogo ancora più disumano di un carcere, perché chi ci finisce dentro è un fantasma, non ha alcun diritto, se non quello estremo di cercare di liberarsi attraverso la morte. Il giudice di pace di Macomer aveva già confermato due volte il trattenimento presso il CPR. Nell’ultima udienza, scrivono su Facebook gli attivisti dell’assemblea No CPR Macomer, la famiglia che l’aveva ospitato aveva presentato un contratto di locazione e un contratto di assunzione come operaio generico e una petizione di cittadini galluresi per la liberazione del ragazzo. Niente da fare, il giudice di pace ha prorogato il trattenimento per altri trenta giorni e il giovane ha deciso di tentare l’ultima carta a sua disposizione per fuggire da quella disumanità: uccidersi. Si è buttato dal muro di cinta, è stato trasportato con l’elisoccorso a Sassari e, dopo i trattamenti medici, è stato di nuovo recluso dentro il lager del Marghine. Dovrà passare lì dentro in totale 117 giorni da quando è stato arrestato senza motivo e poi sperare che il giudice non rinnovi ulteriormente il provvedimento. Continua la lettura di Tenta il suicidio dopo 90 giorni di reclusione nel lager di Macomer

Tre anni fa l’arresto di Doddore Meloni

Strada Statale “Nord-Occidentale Sarda” 292, territorio di Massama, comune di Oristano. 28 aprile 2017. Le gazzelle dei Carabinieri sfrecciano a tutta velocità, con le sirene spiegate. Pochi secondi prima, una piccola auto rossa era passata in direzione della Casa Circondariale di Massama. A bordo, Doddore Meloni. Vuole costituirsi ed entrare in carcere, e vuole farlo a modo suo, con un discorso e con la bandiera dei Quattro Mori indosso, in occasione della festa del popolo sardo. Noi eravamo a Quirra, chiusi in un recinto di polizia antissommossa che ci impediva di manifestare contro l’occupazione militare della Sardegna. I Carabinieri fecero di tutto per fermarlo, tanto che le cronache della stampa oristanese registrano un fatto abbastanza singolare: nella fretta di impedirgli di entrare in carcere a modo suo, gli agenti si scordarono il mandato di carcerazione. Doddore e la sua avvocata fecero cortesemente notare che, senza quel foglio, non poteva esserci alcun arresto. In attesa del mandato, uno stallo messicano impegnò la statale, bloccando l’ingresso Nord di Oristano per più di mezz’ora. La notizia arrivò subito anche a Quirra, ma non la prendemmo sul serio: Doddore uscirà, pensavamo tutti, un’altra occasione per fare i suoi soliti show. Continua la lettura di Tre anni fa l’arresto di Doddore Meloni

Piccole storie infami di quarantena. Repressione poliziesca sempre più baldanzosa nell’isola

Non facciamo in tempo a riprenderci dall’indignazione per quanto accaduto venerdì a Sassari, con un violento intervento della Polizia Municipale turritana ai danni di persone colpevoli di buttare l’immondezza, che subito le cronace locali dei giornali ci riservano una nuova piccola storia infame di questa quarantena sarda.

L’Unione Sarda lo racconta, giustamente, nelle pagine regionali. “Va a fare la spesa con la moglie disabile, multa da 900 euro”. Gli autori dell’eroico gesto sono gli agenti della polizia stradale del capoluogo nuorese. Un pensionato di 74 anni, scrive il giornalista Fabio Ledda, con la moglie disabile al 100% di 72, sono stati fermati dalla Stradale mentre andavano a fare la spesa. A lui 533 euro di multa, a lei 400. “Alla coppia non basterà nemmeno la pensione dell’uomo, percepisce 800 euro al mese) per saldare le due multe” scrive il cronista. Ma non basta il danno economico, l’uomo di 74 anni dopo la redazione del verbale da parte del solerte agente, ha avuto un malore. Non sono nemmeno potuti andare a fare la spesa, perché i poliziotti gli hanno intimato di tornare a casa. Nessun commento dalla questura, specifica l’Unione.

Il caso di Sassari ha già avuto amplissimo risalto sui social network. Nei due documenti video si vede chiaramente un atteggiamento vergognoso da parte degli sceriffi cittadini del sindaco Nanni Campus. Un’identificazione si risolve con strattonamenti, calci e pugni, tutti ampiamente documentati in un video di 3 minuti nel quale non si vede da parte delle vittime nient’altro che resistenza passiva di fronte ad un atteggiamento violento da parte dei vigili urbani. Il crimine contestato, si apprende dalla cronaca della Nuova, sarebbe quello di aver gettato l’immondezza fuori dagli orari consentiti. La municipale sarebbe intervenuta a seguito di delazione da parte di qualche solerte cittadino.

Qualche giorno fa, sempre a Nuoro, l’Unione Sarda riportava la notizia di un uomo multato perché stava andando da sua madre a mangiare. Il suo frigo era vuoto e lui non aveva soldi per fare la spesa. Ma il verbale è arrivato lo stesso. Comprensione umana non pervenuta.

Forse è il caso di riprendere alcuni dei versi più belli della poesia civile sarda, quelli di Peppino Mereu nella seconda lettera a Nanni Sulis, il destinatario di Nanneddu Meu.

Deo no isco, sos carabineris
in logu nostru prit’est chi bi sune,
e no arrestant sos bangarrutteris.

Sa Giustitzia ha abbondantemente passato il segno. Ma la cosa più preoccupante non è l’intimo fascismo di certi esponenti delle forze dell’ordine, non è il baldanzoso riscatto che alcuni vigili urbani compiono ai danni di cittadini inermi, finalmente dotati di un potere coercitivo vero, che li rende a tutti gli effetti sbirri. Piuttosto è un generale sentimento di approvazione e giustificazione che si legge nelle parole di molti cittadini. Piuttosto è l’accettazione totale della delazione come modello di comportamento socialmente accettabile.

Queste, cosiddette, forze dell’ordine, dimostrano ogni giorno di più di essere un corpo estraneo all’interno della nostra società. Ora che, nel clima di terrore generale, si sono perse le garanzie che difendevano dai soprusi anche le fette non marginali della popolazione, godono nel fare sfoggio del proprio potere ai danni di chiunque. Casi isolati? Può anche essere, ma la cui gravità fa passare in secondo piano tutto il resto. Corpo estraneo, dicevamo, perché altro non può essere chi non riesce a immedesimarsi negli aspetti più banali della sofferenza umana. Appoggiati da una politica che da destra a sinistra, passando per tanti sindaci che si sentono sceriffi grazie all’elezione diretta, gode nel veder preservati i propri privilegi e nell’assistere all’umiliazione costante delle persone normali.

C’è chi manifesta ottimismo, sperando che questa tendenza si possa invertire. Di fronte alla nostra inconsistenza, come sinistra radicale, l’impressione invece è che la china sarà molto difficile da risalire.

Trasformare la proposta in protesta. La tensione sociale vicina al punto di rottura, ma la sinistra è impreparata

È un mondo difficile, cantava quello, e non aveva tutti i torti. La massima attenzione, in questiC'è il rischio di una nuova ondata di esecuzioni forzose nelle campagne sarde

giorni, è riservata alle grandi questioni che agitano l’Europa dei capi di governo. Coronabond sì, coronabond no, i petali della margherita verranno computati per altri quattordici giorni prima di arrivare ad una decisione e come segnalano gli osservatori tutto dipende dalla virulenza della pandemia nel Nord Europa: se sarà una tragedia, come lo è in quella mediterranea, allora ci sarà spazio per una reazione comune, altrimenti ognuno per la sua strada. È un mondo difficile, in fondo, e come in ogni film di Bud Spencer e Terence Hill che si rispetti, arriva sempre quel momento in cui uno dice all’altro: ognuno per la sua strada. Ma, d’altra parte, a noi del Coronabond quanto interessa davvero?

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