E’ necessaria la creazione di un fronte comune contro l’occupazione militare della Sardegna. Il momento è chiaramente propizio: la situazione geopolitica internazionale è tesa e all’orizzonte si profila una nube dai confronti sempre più definiti che preconizza uno scontro fra opposte potenze imperialiste, scontro nel quale, come in ogni guerra, ci rimetteranno i deboli di tutto il mondo; l’attacco israeliano a Gaza, conclusosi da poco più di una settimana, ha destato scandalo nel mondo ed è proprio in Sardegna che dal 21 settembre inizieranno le operazioni di addestramento dello stato sionista; l’incendio di giovedì scorso nel poligono di Capo Frasca, che ha avuto origine da un’esercitazione aerea dell’aviazione tedesca, ha infiammato gli animi dei molti sardi contrari alle servitù militari.
Non è tempo per portare avanti lotte di rivendicazione della paternità della lotta antimilitarista in Sardegna, la vittoria si raggiungerà solo quando tutte le forze che possono mobilitarsi raggiungeranno il traguardo e dunque ha poco senso fare a gara per arrivare per primi, perché ciò che conta è il tempo collettivo e non del primo arrivato.
Un importante segnale del fatto che la situazione è sul punto di esplodere è che anche gli esponenti più moderati dei movimenti e dei partiti più moderati si ritrovano a protestare con il governo italiano. Certo, viene spontaneo chiedersi se Pigliaru sia dotato del senso del ridicolo nel momento in cui accenna delle timide proteste nei confronti del ministro della Difesa, chiedendo come elemosina che si sospendano le esercitazioni almeno nella stagione balneare. Posizioni come questa vanno accantonate, spingendo chi le sostiene a prendere atto della realtà e dunque a dichiarasi interamente contrari all’occupazione militare della Sardegna e nel caso questo non sia possibile escludendoli da questo fronte.
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