È un mondo difficile, cantava quello, e non aveva tutti i torti. La massima attenzione, in questi
giorni, è riservata alle grandi questioni che agitano l’Europa dei capi di governo. Coronabond sì, coronabond no, i petali della margherita verranno computati per altri quattordici giorni prima di arrivare ad una decisione e come segnalano gli osservatori tutto dipende dalla virulenza della pandemia nel Nord Europa: se sarà una tragedia, come lo è in quella mediterranea, allora ci sarà spazio per una reazione comune, altrimenti ognuno per la sua strada. È un mondo difficile, in fondo, e come in ogni film di Bud Spencer e Terence Hill che si rispetti, arriva sempre quel momento in cui uno dice all’altro: ognuno per la sua strada. Ma, d’altra parte, a noi del Coronabond quanto interessa davvero?
Oggi la pubblica accusa ha chiesto la nostra condanna a 8 mesi di reclusione.
La parte civile ha chiesto che la eventuale condizionale venga applicata solo dopo il pagamento di 150mila euro di provvisionale.
Siamo convinti che in questo processo, come peraltro ha ben spiegato la nostra avvocatessa Manconi nella sua magistrale arringa, i vertici della Questura vogliono provare a colpire la nostra militanza politica utilizzando l’assurdo espediente della diffamazione e mettendo quindi in discussione il diritto di critica politica.
Siamo sereni, perché siamo nel giusto e attendiamo fiduciosi la sentenza del giudice che si terrà il 24 Febbraio.
Vogliamo ringraziare di vero cuore i patrioti, i compagni, gli amici che oggi son venuti a Oristano per stare al nostro fianco e non ci hanno lasciato soli. La solidarietà è tutto ciò che abbiamo.
Un procedimento penale è stato avviato in questi giorni a carico di un nostro compagno per aver partecipato a una manifestazione dei pastori svoltasi l’11 Febbraio 2019 sulla 131 all’altezza di Uras.
I reati contestati sono quelli di manifestazione non preavvisata, partecipazione a pubblica manifestazione con il volto travisato e blocco stradale. Queste ultime due fattispecie in particolare sono state recentemente interessate dai decreti sicurezza di Salvini, che ha reso nuovamente penale il reato di blocco stradale e ha fortemente aumentato sia le sanzioni economiche che quelle detentive per i reati in questione, nell’ottica di contrastare e punire chi manifesta per i diritti sociali.
Le accuse sono assolutamente pretestuose, infatti il nostro compagno – che tra l’altro si è imbattuto casualmente nella manifestazione mentre percorreva la 131 – non può in alcun modo essere considerato tra i promotori nemmeno secondari della manifestazione, tantomeno può essere considerata vera l’accusa di aver avuto il volto travisato, cosa che peraltro non avrebbe avuto alcun senso, in una situazione di piazza in cui vi era spesso vicinanza fisica e dialogo tra pastori e fdo. Ci chiediamo infine se la mera presenza in una manifestazione in cui si blocca una strada costituisca di conseguenza reato di blocco stradale.
Respingiamo al mittente queste provocazioni e cogliamo l’occasione per rinnovare in maniera ancora più forte tutta la nostra vicinanza ai pastori e ai solidali colpiti dalla repressione, che a quanto pare è l’unica risposta insieme alla propaganda che questo governo riesce a dare ai bisogni sociali delle lavoratrici e dei lavoratori sardi.
Si terrà mercoledì 8 Maggio alle ore 17 da Librid (piazza Eleonora) la presentazione oristanese del libro “Non si ruba sul latte versato. Sullo sciopero dei pastori sardi”.
Il libro, realizzato dalla redazione di Infoaut e edito da DeriveApprodi, è un racconto sulle proteste dei pastori che hanno attraversato la Sardegna negli scorsi mesi e ripercorre gli avvenimenti attraverso testimonianze dirette e con le parole dei protagonisti seguendo un filo preciso della rivolta: lo scontro con gli industriali è stato uno scontro di classe?
Facciamo un po’ di chiarezza su quelle che possono essere le soluzioni immediate alla crisi della pastorizia in Sardegna. Il tavolo regionale di ieri ha segnato la strada che probabilmente verrà seguita anche oggi a Roma, nel tavolo elettorale convocato da Matteo Salvini e Coldiretti.
L’idea che sta prendendo forma è questa: Regione e Stato si devono far carico dell’acquisto di una cifra che oscilla tra i 30 e i 50 mila quintali di pecorino romano con una spesa, abbastanza ingente, che, secondo quello che si legge nei commenti della stampa e dei siti specializzati oscilla tra i 30 e i 40 milioni di euro. Le forme così acquistate, dovrebbero essere ritirate dal mercato, o destinandole alla stagionatura o assegnandole (tramite bando, si immagina) a Onlus e servizi per gli indigenti. Non è detto che il mercato recepisca favorevolmente questa mossa, il prezzo del romano potrebbe salire ma non ai livelli necessari ad arrivare alla quota richiesta dai pastori per il pagamento del latte: 1 euro più IVA al litro.
Ieri Pigliaru, al termine del tavolo regionale, ha parlato di uno stanziamento di 10 milioni di euro da parte della RAS e ha auspicato che da Roma oggi arrivassero altri 20 milioni. Che il tavolo si chiuda con questo accordo non è impossibile, ma il punto è che i caseifici dovrebbero accettare su questi presupposti di pagare il latte a un euro e questo non è un meccanismo automatico.
Che si tratti di una soluzione emergenziale (e non necessariamente destinata al successo) è evidente e comunque non è detto che vada in porto. La sicumera di Salvini lascia pensare che abbia già la certezza di trovare un accordo che possa essere quantomeno spacciato per buono, ma c’è un altro problema: il tavolo di oggi potrebbe avere una rappresentatività molto limitata del mondo dei pastori, considerando che vi prenderà parte solo Coldiretti, le cui mosse filo-salviniane degli ultimi giorni hanno destato un po’ di irritazione fra i pastori in mobilitazione. Si allarga intanto la spaccatura all’interno del movimento dei pastori, con la Coldiretti che sta giocando tutte le sue carte sulla soluzione Salvini e il Movimento Pastori Sardi che ieri, contestato da una parte dei pastori in mobilitazione, ha deciso di non partecipare al tavolo regionale. Nei fatti però sembrerebbe che l’assenza dell’MPS abbia comportato una partecipazione molto debole degli allevatori al tavolo, tanto che all’uscita in tarda serata dal palazzo della Giunta regionale le recriminazioni dei manifestanti si sono rivolte proprio ai delegati che non erano riusciti a strappare un prezzo più alto di 65 centesimi al litro.
Se anche dovesse arrivare una soluzione accettabile di emergenza, sul piano strutturale non saranno i tavoli di questi giorni a fornire dei risultati concreti e ci sono alte probabilità che la situazione precipiti nuovamente nel giro di qualche mese.
Mentre stamattina gli studenti hanno continuato a mobilitarsi in varie parti dell’isola, con un nuovo corteo selvaggio per le strade di Cagliari, si apprende che numerosi gruppi di pastori si dirigeranno questo pomeriggio al presidio che sta bloccando da giorni il conferimento del latte al caseificio dei fratelli Pinna di Thiesi, uno degli attori più importanti del settore della trasformazione del pecorino romano, ben proiettato sul mercato statunitense, quello cioè nel quale si sono verificate le speculazioni che hanno provocato il crollo del prezzo del latte ai livelli attuali. Lì si attenderanno i risultati del tavolo romano, che probabilmente finirà in tarda serata anche nella speranza di far scemare i pastori mobilitati in caso di un accordo non particolarmente positivo. Salvini sta già mandando i primi segnali sul fatto che le questure sarde – che sembrano aver ricevuto, fino ad oggi, l’ordine di lasciar fare i pastori – dovranno cambiare atteggiamento nei prossimi giorni per quanto riguarda la gestione dei blocchi stradali. Insomma, sembra che da Roma oggi arriverà questo messaggio: “Questo è l’accordo, prendere o lasciare. Chi continua a protestare ne pagherà le conseguenze”.
Questa è la situazione, difficile fare previsioni più dettagliate e anche queste potrebbero essere smentite dall’evolversi degli eventi.
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