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Denunciati e censurati

Quello che ora vi raccontiamo è ridicolo. Farebbe ridere se non fosse successo veramente.
Oddio, non è proprio vero, in realtà abbiamo riso. E anche tra le divise blu qualche risata è scappata.
Una storia di arroganza da distintivo, che però è meglio non seppellire con una risata e raccontare. Una storia che speriamo di poter raccontare meglio quando avremo a disposizione più materiale giudiziario.

E’ il 14 Novembre 2016 e intorno alle 15,30 alcuni signori inviati dalla Procura della Repubblica di Oristano bussano alle case di tre nostri compagni con in mano un foglio il cui oggetto è “Biglietto di invito”: siamo invitati a comparire in Tribunale il 18 Novembre. Per un compagno che studia in Italia si è dovuta addirittura scomodare la Procura di Bologna.
Cosa sarà mai successo? Non abbiamo ricordo di situazioni di piazza in cui ci siamo fatti prendere la mano o altri fatti rilevanti.
La mano a quanto sembra ce la siamo fatta prendere sulla tastiera del pc. In tribunale scopriamo, infatti, che sono in corso delle indagini sul nostro blog https://lafuriarossa.noblogs.org/. C’è stata una querela contro ignoti e siamo ascoltati come persone informate sui fatti.
Un articolo pubblicato il 22 Gennaio 2015 ha infastidito qualcuno.
Da quel che siamo riusciti a capire questa denuncia in un primo momento è finita nel cestino: troppo ridicola, c’è altro cui pensare.
Il querelante (o i querelanti) capriccioso(i) non ci sta(nno) e fa(nno) opposizione.
L’offesa è troppo grossa, non potete chiuderla così!
Per capire il contenuto dell’articolo occorre tornare proprio a quella data.
Arborea, strada 22 ovest: dopo mesi di resistenza e solidarietà da tutta la Sardegna la famiglia Spanu viene sfrattata dopo che la sua proprietà fu messa all’asta e venduta al solito avvoltoio per meno di un quarto del suo valore. Quel che si vede in quella strada ha dell’incredibile: “a ruota sono arrivati i carabinieri e i poliziotti in assetto antisommossa, avanguardia di un numero imprecisato di carabinieri, poliziotti, vigili urbani e forestali a blindare l’azienda e perfino un elicottero della polizia più una squadra dei vigili del fuoco, due ambulanze, un carro attrezzi e una autocolonna di camion per caricare gli animali e i beni della famiglia Spanu”, così scrive la Nuova Sardegna il 23 Gennaio 2015. “La guerra di Arborea: in cento contro una famiglia” titola il videoreportage di CagliariPad (http://www.cagliaripad.it/videogallery.php?page_id=1434). A quella giornata seguiranno denunce e condanne per tanti solidali che erano lì a opporsi coi propri corpi all’arroganza dei signori dell’ordine.
La sera stessa con tanta rabbia in corpo abbiamo scritto un piccolo articolo sul nostro blog: “SFRATTI E SGOMBERI. E’ ORA DI ORGANIZZARSI”.
Scrivevamo a chiare lettere chi erano i responsabili di quel blitz e brevemente analizzavamo la situazione sfratti in provincia di Oristano. L’articolo si apriva imputando la violenza dello Stato, in quella specifica situazione ai tre soggetti coordinatori, di cui si faceva nome e cognome: il questore di Oristano, il capo della Digos di Oristano e il primo dirigente. Non riportiamo l’intera introduzione perché la follia potrebbe portare a una deroga delle indagini; vi rimandiamo a quanto ne rimane (non per volontà nostra) nell’anteprima: https://lafuriarossa.noblogs.org/post/2015/01/.
Un commento duro, sicuramente, ma di certo non più duro del blitz mattutino; un commento che riteniamo non vada oltre i limiti della libertà di scrivere ciò che pensiamo; una opinione politica che non accettiamo possa essere ridotta in termini di codice penale.
Quel piccolo pezzo, comunque. dovrebbe essere la parte incriminata.
Non sappiamo se il querelante sia stato solo il signor Questore o anche gli altri due colleghi ma a quanto pare questi soggetti non sono avvezzi alle critiche: se li critichi vieni denunciato.
Come se non bastasse nel Gennaio 2016 i signori in questione ottengono da parte della magistratura la cancellazione forzata dell’articolo e la pagina viene oscurata.
Una censura politica in piena regola dal sapore arcaico.

Signori, il crimen laesae maiestatis è stato abrogato da un pezzo.
Tornate sulla terra.

Presentazione della Federatzione Sarda de sa Gioventude Indipendentista

Vi invitiamo tutte e tutti venerdì 3 febbraio alle ore 10 presso l’Hotel Mariano IV (Piazza Mariano 50, Oristano) alla conferenza stampa di presentazione della neonata Federatzione de sa Gioventude Indipendentista.

Durante la conferenza saranno illustrati gli obiettivi e le finalità della FGI, che riunisce collettività già strutturate e singoli individui già operanti nei vari territori dell’isola, all’interno di una rete che mira all’accrescimento della coscienza nazionale sarda e alla costruzione di un fronte comune giovanile contro il colonialismo italiano.
I campi d’azione entro cui lavorerà la FGI sono quelli dell’educazione e del lavoro giovanile, con il fine di raggiungere una reale sovranità nel campo della scuola e dell’Università e in materia di politiche per il lavoro giovanile.

La FGI aggrega giovani con un’età compresa fra i 14 e i 30 anni e non è un’emanazione di partito, e per tal motivo non parteciperà a nessuna competizione elettorale.

La gente, le bufale e i social: una lezione gramsciana.

Post-verità, alternative facts, bufale… sono questioni all’ordine del giorno nel dibattito

Di Popo le Chien – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49999964

pubblico dei paesi occidentali. Potranno sembrare questioni oziose rispetto alle condizioni dei precari, all’emergenza abitativa o alla crisi dei migranti, ma effettivamente hanno (o perlomeno dovrebbero avere) un peso rilevante nell’elaborazione della strategia politica dei movimenti di sinistra, dal momento che la politica non è influenzata solo dalle condizioni materiali delle persone. Questo ce lo insegna la storia, perché l’avvento del fascismo è stato favorito fra le altre cose dall’appoggio, o perlomeno dalla non ostilità, degli operai, benché fosse chiaro fin da subito il ruolo antisindacale dello squadrismo. Dunque la povertà e l’oppressione non sono una condizione sufficiente perché le classi subalterne si orientino verso i movimenti che puntano alla redistribuzione della ricchezza, poiché entrano in gioco altri fattori, quelli dell’ideologia e dell’immaginario, sovrastrutturali. Solo una lettura ottusa di Marx può credere che il rapporto tra struttura e sovrastruttura sia univoco, quando è evidente come il processo sia circolare.

Ecco, quando per esempio si leggono o sentono interventi anti-migranti, provocati in certe persone dalla lettura acritiche di bufale, la reazione di sdegno non può non colpirci. Tuttavia tale reazione è problematica, perché effettivamente molto spesso coloro che credono a queste panzane e nutrono e autogiustificano così il proprio istinto di rigetto nei confronti del diverso sono appartenenti a quei gruppi sociali che sono, o dovrebbero essere, al centro dell’interesse della sinistra: marginali, lavoratori non specializzati, precari, esclusi dal mondo dell’istruzione, etc. Si tratta di una vera e propria sfida: come integrare nel discorso politico della sinistra queste persone? Come superare e sconfiggere il razzismo o il complottismo? Molte persone, con un livello culturale medio-alto e una posizione di sinistra sia in ambito economico e sociale che in quello dei diritti civili, non accettano questa sfida e si rifugiano in forme di elitarismo che vengono accentuate dagli algoritmi di Facebook, che costruiscono una bolla dentro la quale gli utenti vedono comparire in genere soprattutto contenuti politici di loro gradimento. Queste forme di elitarismo possono essere la richiesta di legare il diritto di voto al livello culturale delle persone (vedi pagine Facebook come Aboliamo il suffragio universale, che dimenticano che per anni il metodo usato negli USA per escludere i neri dal voto sono stati i test di alfabetizzazione) oppure la chiusura in sé stessi del mondo scientifico (vedi il medico osannato per aver detto che “la scienza non è democratica”, dimenticandosi che la scienza funziona proprio quando è aperta al dibattito, sennò diventa come la religione, cioè dogmatica). Continua la lettura di La gente, le bufale e i social: una lezione gramsciana.

RIFORMA COSTITUZIONALE: LE (VERE) RAGIONI DEL SI’

Cosa succede in Italia? Il 4 dicembre si vota il referendum che deve confermare  o respingere la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi. Qual è il contenuto di questa riforma?  Partiamo dalla scheda che gli elettori si troveranno davanti domenica. “Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Costituzione (…)?”.

  • Superamento del bicameralismo paritario e riduzione del numero di parlamentari. Il quesito riguarda la modifica delle funzioni e dei ruoli delle due camere. Non è assolutamente vero che il senato viene abolito, quello che accade è che viene ridefinito nella sua composizione e che le sue funzioni mutano. I senatori, in caso di vittoria del sì, sarebbero 100 invece che 315 e il senato dovrebbe configurarsi come una sorta di camera che fa gli interessi delle regioni, contrapponendoli o bilanciandoli con quelli dello stato centrale. Per quanto riguarda la riduzione del numero di senatori, la rinuncia a 215 seggi e all’indennità (ossia la retribuzione mensile dei parlamentari) dei 100 rimanenti implica un risparmio del tutto ininfluente nel bilancio statale e sfidiamo chiunque a contestare questa affermazione.  Per quanto riguarda il ruolo di questo “Senato delle regioni” c’è parecchio da eccepire. Un reale senato delle autonomie dovrebbe essere composto in maniera tale che ogni regione avesse lo stesso numero di senatori, mentre è abbastanza sicuro che ne verrà fuori un senato in cui i seggi saranno assegnati in maniera proporzionale al numero di abitanti di ogni regione. La Sardegna conterebbe quanto il troddio di un bambino in mezzo a un tornado. Nel momento in cui il senato dovrà decidere in merito alle questioni che riguardano le regioni, la Sardegna sarà sola. E questo è grave perché le peculiari condizioni socio-economiche della nostra isola la rendono in massima parte differente dalle altre regioni italiane. Quale regione, interamente abitata da più minoranze linguistiche, si trova in condizioni di spopolamento e sottosviluppo come la nostra? Nessuna. Nel momento in cui si dovrà decidere dove mettere le scorie nucleari, dove situare impianti industriali ad alto tasso d’inquinamento o dove dislocare e imporre nuove servitù militari, la Sardegna, con due o tre senatori, peraltro neanche eletti direttamente dai cittadini, ma nominati dai partiti del Consiglio regionale, si troverà disperatamente sola e debole.
  • Contenimento dei costi delle istituzioni e soppressione del CNEL: Semplicemente è uno specchietto per le allodole. La riduzione dei costi riguarda solo il fatto che i senatori non avranno più l’indennità e l’abolizione del CNEL, si tratta di bazzeccole nelle esigenze di bilancio di un paese di 60 milioni di abitanti. Il CNEL è un ente previsto in Costituzione che ha il ruolo di dare consigli al governo e al parlamento nel momento in cui vengono adottati provvedimenti in materia di economia e lavoro; il suo ruolo è stato progressivamente superato da quello dei sindacati, delle associazioni degli imprenditori, della Banca d’Italia, dell’Unione Europea, del Fondo Monentario Internazionale, eccetera eccetera, ossia di quegli enti che intervengono nel dibattito pubblico ogni qualvolta il parlamento esamina leggi di questo tipo. Ciò che è importante dire è che il CNEL si poteva abolire senza modificare altri aspetti della costituzione, se c’era tutta questa urgenza. Il governo ha invece deciso di farlo nel quadro di una riforma che modifica l’ordinamento costituzionale italiano, il che provoca numerosi problemi agli elettori, perché una cosa positiva non può essere impacchettata insieme a cose della cui positività si dubita. Insomma, la puzza di contentino è forte: “Abbiamo abolito il CNEL, che fai, non voti sì? Se voti no vuol dire che vuoi mantenere i privilegi della vecchia politica!”. Il problema non è questo tuttavia, il problema sta alla base ed è il segno di un atteggiamento ormai molto diffuso nei confronti dei principi della democrazia. Avete notato tutti quei link su Facebook che chiedono l’abolizione del suffragio universale perché c’è gente troppo stupida per avere il diritto di voto? Sembrano innocui e divertenti, ma nascondono dietro di sé la brutta piega che sta prendendo la politica europea. Questa brutta piega si chiama tecnocrazia e implica la restrizione degli spazi di partecipazione democratica. Altre facce di questa medaglia sono i ricatti e le influenze dei mercati finanziari sull’esito delle elezioni, oppure il fatto che in Italia un governo non eletto dai cittadini*, con i voti di un parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale, abbia approvato una riforma radicale della Costituzione solo perché votare adesso significherebbe innervosire i mercati e farci ripiombare nella crisi più nera. Presentare la democrazia come una qualsiasi merce, di cui devi valutare il rapporto costi-benefici, ossia capire se il gioco vale la spesa che devi affrontare è estremamente pericoloso. Renzi questo lo ha già fatto, quando ha detto che il referendum sulle trivelle era uno spreco di denaro. Eppure gli istituti democratici dovrebbero essere considerati alla stregua della sanità pubblica, cioè un bene il cui costo non è importante, perché è fondamentale che ci sia.  Certo, la democrazia occidentale, quella che conosciamo, ha tanti limiti, spesso si rivela essere solo una facciata che nasconde il ruolo di poteri forti e gruppi di interesse che gestiscono tutto in segreto; tuttavia chi può credere che la strada per migliorarla passi dalla chiusura dei pochi spazi reali di partecipazione che garantisce ai cittadini? I costi che non vanno bene non sono quelli che garantiscono una maggiore ampiezza della partecipazione democratica, ma quelli dovuti alla corruzione, alla tendenza a utilizzare fondi pubblici per spese personali o di gruppi ristretti, alle infilitrazioni mafiose. Tutte cose che con la costituzione non c’entrano niente.
  • Revisione del Titolo V. Il Titolo V è quella parte della Costituzione che si occupa dei rapporti fra le Regioni e lo Stato. In qualsiasi stato ci sono delle tensioni tra lo stato centrali e le sue articolazioni locali. In Italia questo fatto è aggravato da varie questioni. In primo luogo il processo di unificzione nazionale, il risorgimento, è stato un processo guidato dall’alto: dalla famiglia reale dei Savoia, dalla borghesia industriale del Nord e dai latifondisti del meridione. Ciò ha implicato il mancato coinvolgimento delle popolazioni in questo processo, col risultato che le decisioni e le scelte sono state sempre fatte in favore di una ristretta élite. Questo ha avuto come conseguenza il fatto che si creasse con l’andare del tempo un divario sempre più ampio fra lo sviluppo di alcune aree geografiche e quella parte del paese meno rappresentata all’interno di questa élite (la Sardegna, manco a dirlo, si trova fra le regioni sfortunate, anche se la sua condizione andrebbe analizzata a parte per le peculiarità che la contraddistinguono). In secondo luogo dunque vi è la disparità socio-economica fra Nord e Sud del paese, alla quale va aggiunta il fatto che fra queste due aree è sorto un rapporto del tipo colonizzatore-colonia. Inutile dire a questo punto che, se questa situazione si è originata per il centralismo esasperato, qualsiasi tentativo di riforma che volesse puntare al miglioramento delle condizioni di vita materiali della popolazione italiana nel suo complesso debba puntare a togliere poteri allo stato centrale per assegnarli alle regioni. Questa riforma fa l’esatto opposto. Le regioni vengono spogliate di numerosi poteri, e addirittura si inserisce una clausola di supremazia che permette allo Stato di scavalacare gli interessi delle regioni, quando sono in gioco presunti interessi nazionali. In parole povere, per una questione come quella del Deposito unico nazionale per le scorie nucleari, lo Stato potrebbe dire che, essendo una questione strategica, è lui l’unico autorizzato a decidere dove e come vada situato, e le regioni non potrebbero metterci bocca. Ora, il problema è: se l’unificazione nazionale ha avuto i presupposti e i risultati che abbiamo visto prima, di quale nazione parliamo quando parliamo di interesse nazionale? Se il ragionamento fatto sopra è corretto, quando si parla di nazione in Italia bisogna intendere non il popolo che abita quel territorio, ma una ristretta élite fatta di ricchi industriali, mafiosi, massoni e politici, con tutti i loro servi. Quando lo Stato decide nell’interesse nazionale, vuol dire che decide nell’intersse di questa élite.

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2DISTHEFEST

 

2disthefest (1)

#2disthefest è una piccola due-giorni di dibattiti, storia e musica organizzata dal Collettivo Furia Rossa-Oristano che si svolgerà nella bella cornice di Librid nella centralissima piazza Eleonora.

PROGRAMMA

Domenica 4 Settembre

h18_ aperitivo e presentazione del progetto Storia sarda nella scuola italiana (http://lastoriasarda.com/)

h22_ tour storico/giudicale in notturna per le vie di Oristano.
Ci farà da guida Carlo Pettinau. (La partecipazione è libera, basta presentarsi in piazza per l’ora di inzio)


Lunedì 5 Settembre

h18_dibattito sull’occupazione militare della Sardegna e presentazione del campeggio antimilitarista AForasCamp2016. Parliamo con Vincenzo Pillai, Edoardo Lai e i ragazzi del Comitato studentesco contro l’occupazione militare della Sardegna-Cagliari

a seguire concerto dei C4 Combat Rock (from Silì)

Vi aspettiamo