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Assemblea contro lo sfruttamento. Cambiamo i tirocini!

Siamo giovani sardi, tirocinanti, ex tirocinanti e potenziali tirocinanti.

Siamo quella fascia di popolazione sulla quale continuano a pesare fortemente gli strascichi della crisi e le scelte politiche degli ultimi venti anni e oltre; la disoccupazione giovanile in Sardegna continua a rimanere su tassi allarmanti (56,3%) e sempre più spesso siamo costretti all’emigrazione, al lavoro nero, alla dequalificazione rispetto alle competenze che abbiamo acquisito con anni di studio o imparando un mestiere.

La prima esperienza di approcio al mondo del lavoro per molti giovani sardi è sempre più spesso il tirocinio, uno strumento di politica attiva periodicamente incentivato anche dalla Regione Sardegna, che, se di per sé, può essere uno strumento utile, nella realtà dei fatti si dimostra uno strumento atto a legittimare situazioni di sfruttamento del lavoro e utile solo ad abbattere il costo del lavoro per le imprese. Il tirocinio oggi si palesa come un ricatto vero e proprio in cui siamo chiamati a scegliere tra disoccupazione e lavoro sottopagato: è una situazione che non siamo più disposti ad accettare e per la quale chiediamo degli interventi immediati.

Deve essere chiaro: il tirocinio non costituisce un rapporto di lavoro ma unicamente una esperienza formativa per il tirocinante che, grazie all’affiancamento a un tutor, può conoscere dall’interno un determinato contesto lavorativo, vedere e conoscere in modo diretto come si svolge una professione o un mestiere, incrementare le proprie conoscenze e così poter orientare le proprie scelte nel mondo del lavoro.

Il tirocinante non dovrebbe mai partecipare alla capacità produttiva di una impresa, il tirocinante non dovrebbe mai svolgere mansioni meramente pratiche e manuali; insomma il tirocinante non può svolgere attività di lavoro subordinato. Anche le linee guida “nazionali” del 25 Maggio 2017 sono abbastanza chiare: “al fine di qualificare l’istituto e di limitarne gli abusi […] il tirocinio non può essere utilizzato per tipologie di attività lavorative per le quali non sia necessario un periodo formativo“. Evidentemente la realtà dei fatti non è questa; infatti è ormai prassi che i tirocinanti svolgano attività lavorativa come un qualsiasi altro lavoratore, spesso con gli stessi ritmi e orari ma con una indennità lorda di 400€ o 450€ al mese e senza contributi previdenziali, e, quando il tirocinio è attivato con l’Avviso della Regione, all’impresa spetta un modico esborso di 150€.

Il 25 Maggio 2017 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato le nuove linee guida italiane dove indica degli indirizzi da seguire sui vari aspetti che regolano il tirocinio; nonostante l’evidente abuso che si fa dei tirocini, al posto di porre un argine, queste linee guida sono nettamente peggiorative: esse liberalizzano di fatto l’istituto con il tirocinio extracurriculare unico, mentre prima la netta distinzione di tre tipi di tirocinio serviva a modulare ogni tipologia in base a chi fosse il destinatario; viene aumentata la durata massima del tirocinio a 12 mesi mentre prima il tirocinio formativo e di orientamento poteva durare massimo 6 mesi (non sono un po’ troppi dodici mesi per formarci?); viene fissata l’indennità minima a 300€, esattamente come in passato. Il quadro potenziale che si forma con queste modifiche, vede la possibilità per un’impresa di far lavorare un tirocinante fino a 8 ore al giorno, per 12 mesi, a 300€ lordi al mese! Che dire poi del rischio sempre più concreto di rimanere incastrati in un vortice continuo di tirocini, dove finito uno se ne inizia un altro per altri 12 mesi, con buona pace del desiderio di vedere un contratto di lavoro regolare?

Fortunatamente queste linee guida non sono legge ma solo linee di indirizzo, in quanto la regolazione ufficiale spetta alla Regione Sardegna che può disattendere completamente tali linee e formularne altre più favorevoli per i tirocinanti. Tanto per rafforzare quanto abbiamo già detto prima, i tirocini, rientrano nella materia “formazione” e non “lavoro” e su tale materia ha competenza esclusiva la Regione.

Sappiamo che in Regione si sta già lavorando sulle nuove linee guida regionali e noi intendiamo intervenire con delle richieste ben precise.

Vogliamo:

  • una distinzione netta tra le tre tipologie di tirocinio: I) tirocini formativi e di orientamento, II) tirocini di inserimento/reinserimento al lavoro e III) tirocini in favore di disabili, persone svantaggiate e richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, giacché ognuno di essi risponde ad esigenze diverse;
  • una durata massima del tirocinio di 6 mesi;
  • una indennità minima di partecipazione di 800€ (esattamente come nella Regione Lazio); dal momento che si continua a chiudere gli occhi rispetto al fatto che i tirocinanti svolgano effettiva attività lavorativa e anzi lo si accetta, allora vogliamo ricevere una somma più dignitosa;
  • controlli-filtro sulle offerte di tirocinio, almeno in quelle pubblicate nei canali ufficiali della Regione Sardegna; non è possibile continuare a vedere offerte per attività che non necessitano di formazione o che richiedono pregressa esperienza lavorativa, ciò contrasta con la normativa e sono il primo allarme rispetto a una futura situazione di abuso;
  • maggiori controlli da parte dei soggetti promotori e maggiori controlli sui soggetti promotori, rei troppo spesso di chiudere un occhio rispetto a situazioni di abuso;
  • maggiori e genuini controlli ispettivi sui luoghi di lavoro che, in caso di accertamento di un abuso, darebbero diritto al tirocinante a vedersi riconosciuta l’applicazione retroattiva di tutti i trattamenti economici e normativi spettanti ai lavoratori che svolgono le sue stesse mansioni.

Non possiamo non segnalare inoltre i sempre più frequenti ritardi nel versamento di quella modesta indennità che ci spetta e chiedere di intervenire a garanzia di una maggiore regolarità e puntualità.

Su questi punti daremo battaglia e siamo pronti a farci sentire.

23 Luglio: Pro una Caminera Noa

È urgente uscire fuori dal processo di “periferizzazione” a cui la Sardegna è stata condannata da decenni di politiche subalterne.

Esiste l’esigenza di una Sardegna autodeterminata e sovrana in un contesto di relazioni e scambi internazionali solidali e giusti all’interno del conteso Europeo e Mediterraneo.

Per arrivare a ciò occorre lavorare a scelte strategiche fondamentali e, conseguentemente, occorre lavorare all’elaborazione di un apposito progetto culturale, politico, economico, sociale.

Proponiamo di ripartire dalle esperienze di opposizione sociale e di conflitto presenti in Sardegna contro gli effetti nefasti di capitalismo, centralismo, clientelismo e colonialismo per fare finalmente fronte comune e per la costruzione di un modello sociale ed economico alternativo a quello liberista incentrato sulla logica del profitto, della spoliazione del territorio e delle sue risorse e sull’iper sfruttamento del lavoro.

Lavoriamo per una società sarda in cui viga il pieno riconoscimento ed esercizio del diritto all’autodeterminazione, all’autogoverno e all’autodecisione dei singoli individui, delle comunità del nostro popolo, vale a dire di una compiuta democrazia dove tutte le opzioni politiche che riguardano il futuro della nazione sarda siano possibili senza ostacoli o diktat esterni.

Facendo seguito alla proposta promossa da più parti di trovare una convergenza tra diversi soggetti (partiti, associazioni, movimenti e singoli individui) di lavorare ad un progetto di liberazione sociale e nazionale sardo, pensiamo sia necessario avviare un percorso di condivisione che stabilisca alcuni punti base utili a costruire un percorso unitario chiaro.

Proponiamo una Piattaforma plurale e non vincolante se non negli obiettivi e nelle battaglie che si deciderà di condividere. Essa sarà una organizzazione che si oppone a qualunque forma di servitù, abbia essa carattere militare, industriale, economico, ideologico o culturale del popolo sardo.

La Piattaforma promuoverà il processo democratico, adottando una posizione chiara e inequivocabile di azione per vie esclusivamente politiche e democratiche. Gli strumenti di azione politica riconosciuti dalla Piattaforma sono l’adesione popolare, la mobilitazione democratica e la partecipazione politico-istituzionale.

Siamo consapevoli che senza lavoro non c’è libertà, e senza autodeterminazione in Sardegna non c’è esercizio vero dei poteri sovrani. L’impostazione centralista e semicoloniale dello Stato italiano va combattuta con la costruzione di una alleanza sociale, culturale politica ed economica, che abbia forza, capacità e intelligenza di imporre l’apertura, nella società sarda di una nuova stagione politica per un radicale cambio di rotta.

Vogliamo da subito sgombrare il campo da ambiguità e rendere manifesti i nostri valori e obbiettivi fondanti individuandoli e sottoscrivendoli in maniera pubblica. Siamo tutti concordi nel partire dalla discussione su tre punti:

• Diritto ed esercizio del diritto all’Autodeterminazione nazionale

• Sostenibilità ambientale

• Diritti civili, politici e sociali per tutti, compresi i migranti

Facciamo appello a tutte le forze dell’opposizione sociale e di classe, ai comitati, ai singoli e a tutti i soggetti interessati a condividere questo percorso di incontrarci domenica 23 luglio a Santa Cristina per fare un bilancio della situazione e iniziare a stabilire un programma di azione comune finalizzato a riscattare i lavoratori e tutti i cittadini della terra di Sardegna.

Programma di lavoro dell’assemblea “Pro una caminera noa”

Ore 10:00 – elezione comitato di gestione

Dalle ore 10:30 alle ore 12:00 – discussione libera: valori, obietivi, finalità.

Dalle ore 12:00 alle ore 13:30 – discussione libera: temi strategici per una Sardegna giusta socialmente, sostenibile, autodeterminata

Dalle ore 13:30 alle 15:00 – Pausa pranzo

Dalle ore 15:00 alle ore 17:00 – proseguo del libero dibattito sui temi strategici.

Dalle ore 17:00 alle ore 19:30 – discussione libera su metodi decisionali e selezione democratica

Ore 20:00 visita archeologica al complesso nuragico di S. Cristina

SOLIDARIETÀ AI DIPENDENTI COMUNALI IN LOTTA, SOLIDARIETÀ ALL’UNIONE SINDACALE DI BASE

da entilocali.usb.it

Immaginate di sedervi a un tavolo per decidere tutti assieme che utilizzo fare di determinate risorse appartenenti alla vostra collettività e come ripartirle; stabilito come utilizzarle, colui cui viene affidato il possesso delle vostre risorse, dopo avervi stretto la mano, ignora di dar seguito a quanto stabilito e utilizza a proprio piacimento quelle risorse.
Questo è quanto ha fatto il comune di Oristano con i dipendenti comunali negli ultimi anni.
Dopo aver firmato il Contratto Integrativo Decentrato con le RSU e le organizzazioni sindacali di categoria – stabilendo come utilizzare il fondo per le risorse decentrate e quindi le fattispecie di indennità spettanti ai lavoratori (il cosiddetto salario accessorio) e il loro valore e criterio di ripartizione – il Comune di Oristano, come sostiene l’Unione Sindacale di Base, non ha assegnato in maniera corretta le indennità e con una distribuzione unilaterale dei compensi ha privato la maggior parte dei dipendenti di quanto effettivamente gli spettasse.
L’USB, a tutela dei lavoratori, ha chiesto l’intervento della Procura della Repubblica di Oristano, della Corte dei Conti, del Servizio ispettivo e di quello anti corruzione del Ministero dell’Economia e delle Finanze affinché si verifichi l’uso delle risorse e si accertino le responsabilità dei dirigenti preposti.
La situazione che si è venuta a creare, che si configura come uno dei rari casi di conflitto sindacale sulla distribuzione delle risorse decentrate, la dice lunga sul rapporto dell’amministrazione Tendas con il personale. Un’amministrazione totalmente assente nelle politiche del personale e tale si è dimostrata sino alla fine con un deciso rifiuto al dialogo con i lavoratori in agitazione e con il rifiuto di ogni mediazione nell’incontro tenutosi in prefettura.
Altro fatto di gravità inaudita e di condotta antisindacale che si inserisce nella vertenza in corso è stato il sequestro da parte della polizia locale, di bandiere e striscioni dell’USB che, posti fuori dal municipio, comunicavano alla popolazione lo stato di agitazione. Il sequestro è avvenuto senza nessuna formale comunicazione e senza un verbale, fatto anomalo che ha portato 11 senatori a presentare una interrogazione al ministro dell’Interno. Sia chiaro che il capo della polizia municipale Rinaldo Dettori che ha ordinato la rimozione dei vessilli sindacali non è propriamente superpartes nella vicenda; sia perché una delle specifiche irregolarità che si chiede di rivedere è l’indennità di turno che spetterebbe ad alcuni vigili urbani che stanno sotto il comando di Dettori, sia perché lo stesso fa parte della delegazione di parte pubblica che ha firmato l’ultimo contratto decentrato.

Nell’esprimere tutta la nostra solidarietà e vicinanza ai lavoratori in lotta e all’USB, facciamo nostre le semplici richieste del sindacato e della RSU:
– siano pagate le indennità secondo il contratto decentrato proposto e votato in maggioranza dall’assemblea dei lavoratori
– sia restituito il maltolto a chi lavora
– siano avviate al più presto le contrattazioni per il nuovo contratto decentrato.

Collettivo Furia Rossa – Oristano

Estate, tempo di lavoro nero. Difendiamoci!

L’arrivo dell’estate è per molti giovani sardi l’occasione di entrare per la prima volta nel mercato del lavoro, per altri ancora può essere l’occasione di rientrarci dopo un periodo di disoccupazione e di strenua ricerca di una occupazione durante il resto dell’anno. La stagione estiva rappresenta infatti il picco di attività per diversi settori, in particolare quello del turismo e della ristorazione cui si aggiunge l’agricoltura con la raccolta di molti prodotti stagionali, e tante sono le figure che vengono ricercate dalle imprese per completare gli organici: camerieri, camerieri ai piani, baristi, pizzaioli e aiutopizzaioli, lavapiatti, cuochi e aiutocuochi, addetti di cucina, facchini, personale di fatica e pulizia, animatori, portieri, gelatai, braccianti agricoli e giornalieri di campagna. Queste sono alcune delle principali figure ricercate per “fare la stagione”.

Tutte sono accomunate dalla grande dignità che ognuno di questi lavori porta con sé e dal fatto che ognuno di questi lavori dovrebbe essere contrattualizzato, pagato il tanto giusto (per il momento quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali di settore) e protetto dall’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e dai contributi per la previdenza sociale.

Dovrebbe.

Purtroppo non basta la precarietà intrinseca a questi lavori e la Continua la lettura di Estate, tempo di lavoro nero. Difendiamoci!