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Pedonalizzazione del centro storico oristanese, una riflessione.

Divampa ormai da tempo la discussione tra i favorevoli alla chiusura del centro storico al traffico e coloro che invece ritengono possa essere un’ennesima sciagura per Oristano.

Anche noi covavamo il sogno di chiudere maggiormente il centro storico al traffico. Girare l’Italia e l’Europa non faceva che acuire in noi questa voglia di inseguire il sogno di un centro storico brulicante di persone e di biciclette, non di smog e parcheggi a pagamento.

I sogni però talvolta si trovano a dover fare i conti con la realtà.

Attualmente Oristano è una città piccola dal punto di vista demografico, e le stime non sembrano indicare una crescita nei prossimi anni. I supermercati e la grande distribuzione organizzata sono ormai i poli di maggiore attrattiva sia per gli Oristanesi che per le migliaia di persone che tutti i giorni arrivano dal resto della provincia. Il centro storico si caratterizza dunque per essere più che un luogo di ritrovo e di distrazioni, un luogo dove sostare cinque minuti per le cose più urgenti che non si potrebbero fare altrimenti, o dove andare a fare un aperitivo veloce. Difficile passarci più di un’ora se non hai superato la fatidica soglia dei 70 anni.

In questo senso, l’ulteriore chiusura al traffico, se non inserita all’interno di un piano organico e complessivo di ripensamento della città, potrebbe rappresentare il colpo di grazia per una zona che già langue.

Sarebbe invece utile rivedere completamente il sistema urbano dei trasporti, che continua a fare acqua da tutte le parti, salvo che per le tratte che collegano Oristano con le frazioni. Portare avanti la costruzione dei parcheggi nelle zone limitrofe al centro, e incentivare l’uso delle biciclette tramite l’apposizione di rastrelliere. Abbellire e curare maggiormente il centro, cercando di renderlo attraente. Puntare sulla cultura cercando di dargli vita e non limitarsi alle esposizioni saltuarie di ceramica. La posizione di palazzo Arcais risulta essere strategica in quest’ottica. Riaprire finalmente la Torre di Mariano e renderla fruibile tutto l’anno, almeno nei week end. Fare in modo che il percorso della manifestazione Monumenti Aperti possa essere visitabile sempre. Recuperare il complesso del genio civile e il carcere di Piazza Manno, insieme con la piazza. Garantire il WI-FI gratuito e libero in tutto il centro. Queste sono solo alcune delle tante ipotesi.

Resta però un dato di fondo, Oristano non si salva da sola. O ci mettiamo in testa che dobbiamo fare rete, che in sostanza è l’unico modo per tornare a contare, o cerchiamo di imporci contro i soprusi, o cerchiamo di ridare dignità alla nostra città, o Oristano non si salva da sola.

Fare rete coi comuni limitrofi, organizzare i trasporti in maniera integrata, perché Silì è più lontana di Santa Giusta, e lo è quasi quanto lo è Cabras. Eppure Silì è Oristano, Cabras e Santa Giusta sembrano lontane anni luce. Chi ci vieterebbe di fare un collegamento diretto che da Cabras e Santa Giusta porti direttamente al centro? Forse ce lo impedirebbe l’Arst, forse ce lo impedirebbe la pigrizia di continuare a pensare che le cose sono date una volta per tutte, e non possono che essere così.

Sappiamo di chiedere tanto, ma sarebbe anche l’unico modo per riportare la gente a vivere, abitare ed investire nel centro storico. E’ una delle nostre più grandi risorse, e sarà ricordata per essere una delle più grandi sconfitte della politica Oristanese.

In questo senso vorremmo sentire di più la voce delle istituzioni affinché valorizzino le risorse esistenti e si battano allo stremo contro un sistema che continua a considerare Oristano periferia.

D.S.

Denunciati e censurati

Quello che ora vi raccontiamo è ridicolo. Farebbe ridere se non fosse successo veramente.
Oddio, non è proprio vero, in realtà abbiamo riso. E anche tra le divise blu qualche risata è scappata.
Una storia di arroganza da distintivo, che però è meglio non seppellire con una risata e raccontare. Una storia che speriamo di poter raccontare meglio quando avremo a disposizione più materiale giudiziario.

E’ il 14 Novembre 2016 e intorno alle 15,30 alcuni signori inviati dalla Procura della Repubblica di Oristano bussano alle case di tre nostri compagni con in mano un foglio il cui oggetto è “Biglietto di invito”: siamo invitati a comparire in Tribunale il 18 Novembre. Per un compagno che studia in Italia si è dovuta addirittura scomodare la Procura di Bologna.
Cosa sarà mai successo? Non abbiamo ricordo di situazioni di piazza in cui ci siamo fatti prendere la mano o altri fatti rilevanti.
La mano a quanto sembra ce la siamo fatta prendere sulla tastiera del pc. In tribunale scopriamo, infatti, che sono in corso delle indagini sul nostro blog https://lafuriarossa.noblogs.org/. C’è stata una querela contro ignoti e siamo ascoltati come persone informate sui fatti.
Un articolo pubblicato il 22 Gennaio 2015 ha infastidito qualcuno.
Da quel che siamo riusciti a capire questa denuncia in un primo momento è finita nel cestino: troppo ridicola, c’è altro cui pensare.
Il querelante (o i querelanti) capriccioso(i) non ci sta(nno) e fa(nno) opposizione.
L’offesa è troppo grossa, non potete chiuderla così!
Per capire il contenuto dell’articolo occorre tornare proprio a quella data.
Arborea, strada 22 ovest: dopo mesi di resistenza e solidarietà da tutta la Sardegna la famiglia Spanu viene sfrattata dopo che la sua proprietà fu messa all’asta e venduta al solito avvoltoio per meno di un quarto del suo valore. Quel che si vede in quella strada ha dell’incredibile: “a ruota sono arrivati i carabinieri e i poliziotti in assetto antisommossa, avanguardia di un numero imprecisato di carabinieri, poliziotti, vigili urbani e forestali a blindare l’azienda e perfino un elicottero della polizia più una squadra dei vigili del fuoco, due ambulanze, un carro attrezzi e una autocolonna di camion per caricare gli animali e i beni della famiglia Spanu”, così scrive la Nuova Sardegna il 23 Gennaio 2015. “La guerra di Arborea: in cento contro una famiglia” titola il videoreportage di CagliariPad (http://www.cagliaripad.it/videogallery.php?page_id=1434). A quella giornata seguiranno denunce e condanne per tanti solidali che erano lì a opporsi coi propri corpi all’arroganza dei signori dell’ordine.
La sera stessa con tanta rabbia in corpo abbiamo scritto un piccolo articolo sul nostro blog: “SFRATTI E SGOMBERI. E’ ORA DI ORGANIZZARSI”.
Scrivevamo a chiare lettere chi erano i responsabili di quel blitz e brevemente analizzavamo la situazione sfratti in provincia di Oristano. L’articolo si apriva imputando la violenza dello Stato, in quella specifica situazione ai tre soggetti coordinatori, di cui si faceva nome e cognome: il questore di Oristano, il capo della Digos di Oristano e il primo dirigente. Non riportiamo l’intera introduzione perché la follia potrebbe portare a una deroga delle indagini; vi rimandiamo a quanto ne rimane (non per volontà nostra) nell’anteprima: https://lafuriarossa.noblogs.org/post/2015/01/.
Un commento duro, sicuramente, ma di certo non più duro del blitz mattutino; un commento che riteniamo non vada oltre i limiti della libertà di scrivere ciò che pensiamo; una opinione politica che non accettiamo possa essere ridotta in termini di codice penale.
Quel piccolo pezzo, comunque. dovrebbe essere la parte incriminata.
Non sappiamo se il querelante sia stato solo il signor Questore o anche gli altri due colleghi ma a quanto pare questi soggetti non sono avvezzi alle critiche: se li critichi vieni denunciato.
Come se non bastasse nel Gennaio 2016 i signori in questione ottengono da parte della magistratura la cancellazione forzata dell’articolo e la pagina viene oscurata.
Una censura politica in piena regola dal sapore arcaico.

Signori, il crimen laesae maiestatis è stato abrogato da un pezzo.
Tornate sulla terra.

Presentazione della Federatzione Sarda de sa Gioventude Indipendentista

Vi invitiamo tutte e tutti venerdì 3 febbraio alle ore 10 presso l’Hotel Mariano IV (Piazza Mariano 50, Oristano) alla conferenza stampa di presentazione della neonata Federatzione de sa Gioventude Indipendentista.

Durante la conferenza saranno illustrati gli obiettivi e le finalità della FGI, che riunisce collettività già strutturate e singoli individui già operanti nei vari territori dell’isola, all’interno di una rete che mira all’accrescimento della coscienza nazionale sarda e alla costruzione di un fronte comune giovanile contro il colonialismo italiano.
I campi d’azione entro cui lavorerà la FGI sono quelli dell’educazione e del lavoro giovanile, con il fine di raggiungere una reale sovranità nel campo della scuola e dell’Università e in materia di politiche per il lavoro giovanile.

La FGI aggrega giovani con un’età compresa fra i 14 e i 30 anni e non è un’emanazione di partito, e per tal motivo non parteciperà a nessuna competizione elettorale.

La gente, le bufale e i social: una lezione gramsciana.

Post-verità, alternative facts, bufale… sono questioni all’ordine del giorno nel dibattito

Di Popo le Chien – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49999964

pubblico dei paesi occidentali. Potranno sembrare questioni oziose rispetto alle condizioni dei precari, all’emergenza abitativa o alla crisi dei migranti, ma effettivamente hanno (o perlomeno dovrebbero avere) un peso rilevante nell’elaborazione della strategia politica dei movimenti di sinistra, dal momento che la politica non è influenzata solo dalle condizioni materiali delle persone. Questo ce lo insegna la storia, perché l’avvento del fascismo è stato favorito fra le altre cose dall’appoggio, o perlomeno dalla non ostilità, degli operai, benché fosse chiaro fin da subito il ruolo antisindacale dello squadrismo. Dunque la povertà e l’oppressione non sono una condizione sufficiente perché le classi subalterne si orientino verso i movimenti che puntano alla redistribuzione della ricchezza, poiché entrano in gioco altri fattori, quelli dell’ideologia e dell’immaginario, sovrastrutturali. Solo una lettura ottusa di Marx può credere che il rapporto tra struttura e sovrastruttura sia univoco, quando è evidente come il processo sia circolare.

Ecco, quando per esempio si leggono o sentono interventi anti-migranti, provocati in certe persone dalla lettura acritiche di bufale, la reazione di sdegno non può non colpirci. Tuttavia tale reazione è problematica, perché effettivamente molto spesso coloro che credono a queste panzane e nutrono e autogiustificano così il proprio istinto di rigetto nei confronti del diverso sono appartenenti a quei gruppi sociali che sono, o dovrebbero essere, al centro dell’interesse della sinistra: marginali, lavoratori non specializzati, precari, esclusi dal mondo dell’istruzione, etc. Si tratta di una vera e propria sfida: come integrare nel discorso politico della sinistra queste persone? Come superare e sconfiggere il razzismo o il complottismo? Molte persone, con un livello culturale medio-alto e una posizione di sinistra sia in ambito economico e sociale che in quello dei diritti civili, non accettano questa sfida e si rifugiano in forme di elitarismo che vengono accentuate dagli algoritmi di Facebook, che costruiscono una bolla dentro la quale gli utenti vedono comparire in genere soprattutto contenuti politici di loro gradimento. Queste forme di elitarismo possono essere la richiesta di legare il diritto di voto al livello culturale delle persone (vedi pagine Facebook come Aboliamo il suffragio universale, che dimenticano che per anni il metodo usato negli USA per escludere i neri dal voto sono stati i test di alfabetizzazione) oppure la chiusura in sé stessi del mondo scientifico (vedi il medico osannato per aver detto che “la scienza non è democratica”, dimenticandosi che la scienza funziona proprio quando è aperta al dibattito, sennò diventa come la religione, cioè dogmatica). Continua la lettura di La gente, le bufale e i social: una lezione gramsciana.

Sardegna, qual è l’obiettivo?

rengliaruLa Sardegna è un’isoletta che naviga in un mare di merda. Gli indicatori sociali dicono questo, in termini edulcorati, ma dicono questo: disoccupazione al 19%, disoccupazione giovanile al 56%, dispersione scolastica al 24%, nel 2015 c’erano 9 mila analfabeti, NOVEMILA! Bene, continuiamo con la metafora. Immaginate di essere in una nave che attraversa un oceano in tempesta, avendo completamente perso la rotta e andando incontro a un naufragio sicuro. Voi fate parte della ciurma di questa nave e vi rendete conto che l’unico modo che avete per salvarvi è prendere il comando della nave, ma sapete benissimo che da soli non potetete mai farcela. Che fare? La cosa migliore è senza dubbio cercare di coinvolgere gli altri marinai e passeggeri e organizzare un ammutinamento, per prendere il controllo della nave finché si è ancora in tempo per salvarla. E qual è il vostro obiettivo immediato? L’armatore che ha progettato quel viaggio inutile e disperato? Beh sì, è un bastardo e bisognerà prendersela anche con lui, ma insultarlo e maledirlo non servirà a niente nel tentativo di salvare la nave e la sua ciurma. L’obiettivo immediato è il capitano della nave, che non si capisce bene perché vada verso il naufragio; magari lo fa perché gli è stato promesso un grande compenso al termine del viaggio, magari perché concorda pienamente con le idee dell’armatore, magari perché è solo troppo ingenuo per vedere come stanno andando le cose. Ciò che conta è che lo sta facendo e, se tu e gli altri marinai volete salvarvi, dovete toglierlo dal posto di comando e occuparvene voi.

Ora possiamo uscire dalla metafora. Che la Sardegna vada verso il naufragio è evidente e che molte colpe siano dello Stato italiano e delle sue pratiche coloniali e depredatrici non c’è manco bisogno di dirlo. Prendersela con lo Stato in questo momento è certo necessario, bisogna ribadire con forza e spiegare a tutti perché l’Italia ha una grossa fetta di responsabilità in questa nostra situazione. Tuttavia l’emergenza immediata si può risolvere solo prendendo il posto di comando, il timone. Francesco Pigliaru e la sua giunta sono enormemente delegittimati dopo il referendum del 4 dicembre. Questa non è un’affermazione preregrina: la riscrittura dello statuto e la revisione dei rapporti Stato-Regione era al centro del programma di governo presentato agli elettori dal centrosinistra/sovranista. Era inoltre il collante ufficiale dell’alleanza con Rossomori, iRS e Partito dei Sardi.  Alcuni dentro la maggioranza se ne sono già accorti: l’assessore preposto alla redazione del nuovo statuto, Gianmario Demuro, acceso sostenitore del Sì ha tratto le giuste conclusioni e ha presentato questa mattina le dimissioni; i Rossomori, preso atto dell’incapacità di questa maggioranza di incidere e della sfiducia espressa dagli elettori con il voto referendario nei confronti dei progetti di revisione del rapporto autonomistico, hanno dichiarato che abbandoneranno la maggioranza di governo. Altri fanno gli gnorri, ma siamo sicuri che stanno solo fiutando l’aria per capire da che parte gli conviene bentulare. Il migliore di tutti però è Pigliaru che ha dichiarato: “È stato il voto su una proposta del Governo per riformare alcune parti della Costituzione. Una proposta che io ho condiviso perché ritengo che avrebbe semplificato il sistema Italia e non avrebbe messo a rischio la nostra autonomia”, e ancora: “Non posso che prenderne atto, a maggior ragione di fronte a una partecipazione così alta e appassionata che rivela anche un malcontento diffuso e la domanda di azioni più incisive per migliorare la vita delle persone”. Eh no… Pigliaru sta dicendo tutto e non sta dicendo nulla in realtà. Tu hai investito tutto sull’idea di costruire un nuovo patto per l’autonomia, e hai affidato la realizzazione di questo patto a un assessore che è stato il primo in Sardegna a schierarsi con il Sì. Le due cose sono intimamente connesse: venuto meno il progetto di Renzi viene meno anche il progetto di Pigliaru e Demuro di rifare lo statuto. Aggiungiamoci poi gli scellerati piani sulla sanità, la terribile condizione descritta dagli indicatori statistici di cui sopra e il silenzio totale sulla questione dell’occupazione militare e sulla speculazione fondiaria e capite bene che stiamo davvero andando verso il naufragio e che fra qualche decennio potremmo non essere più in grado di salvarci. E allora ita fadeus? Un ammutinamento democratico: nessun colpo di stato (o di regione), nessun assalto al palazzo di viale Trento; lavoriamo piuttosto per diffondere la consapevolezza che dobbiamo cambiar rotta al più presto, che questa classe politica non rappresenta nessuno perché si trova lì grazie a una legge elettorale oscena, che dobbiamo prendere in mano il nostro destino e agire di conseguenza. Magari ne verrà fuori davvero una mobilitazione popolare per le dimissioni di Pigliaru e soprattutto per la costituzione di una nuova autonomia, solida e democratica, e, siccome la maggioranza ha già iniziato a sfaldarsi, una spintarella democratica si può e si deve dare, mobilitando in primo luogo l’opinione pubblica. Sarebbe perciò molto bello se, ognuno con il suo stile comunicativo e con le sue pratiche, dai comitati al movimento contro le basi, passando per i partiti indipendentisti e per i movimenti sociali, lanciassimo questa parola d’ordine, tanto per incominciare a progettare il nostro futuro: Pigliaru dimettiti. Al resto, al modello di società che vorremmo, alle pratiche predatorie e speculative che vorremmo vedere sparire da questa terra (e dalla Terra in generale) ci stiamo pensando già da tempo e ci penseremo ancora. Ma non possiamo pretendere di lottare per quelle cose, senza lottare anche contro il più diretto e più vicino responsabile di questa situazione.

dp