La crisi del settore turistico, probabilmente, sarà una delle più devastanti nell’isola. Non durerà in eterno, questo no. Gli operatori sardi lo sanno, avendo vissuto in prima persona prima l’incremento dei flussi turistici a causa delle tensioni politiche in Nord Africa. Incremento che non fu strutturale, durò il tempo che la situazione politica della riva mediterranea meridionale tornasse a un livello accettabile per il turismo.
Insomma, nessuno vuole negare l’esistenza di una crisi incipiente e potenzialmente disastrosa. Resta, però, da capire il nesso fra questa situazione e la richiesta, arrivata da un nutrito gruppo di imprenditori balneari, di prorogare le concessioni demaniali per gli stabilimenti fino al 2033.
Se, mettiamo il caso, le concessioni fossero scadute fra 5 anni, la posizione degli imprenditori balneari avrebbe potuto avere un po’ di ragionevolezza in più. Sarebbe stato comprensibile, non necessariamente condivisibile, che qualcuno ci dicesse: “Quest’anno perderemo e basta, l’anno prossimo chissà come andrà. Se non abbiamo abbastanza tempo per riassorbire le perdite, tanto vale chiudere subito”. Il problema è che, però, le concessioni sono già scadute: nel 2018. Al momento peraltro ci troviamo in regime di proroga fino al 2033, con il serio rischio – qualcuno lo considera una certezza – che fra qualche anno arrivi allo stato italiano una multa milionaria, siglata dalle istituzioni europee.
Un bene demaniale viene destinato al profitto privato senza alcuna gara. Non solo, i ricavi delle concessioni demaniali marittime a fini turistici, secondo l’osservatorio di Cottarelli, ammontano ad appena circa 100 milioni di euro all’anno. Abbastanza evidente la discrepanza con i profitti, in tempi ordinari, degli operatori del settore.
Il rischio, che è legittimo temere, è che nei prossimi anni si decida in Sardegna di ristorare le perdite subite a cuasa del Coronavirus dagli operatori non solo con la proroga (illegittima) delle concessioni, ma anche con l’ampliamento delle aree destinate a stabilimenti.
Incuranti di come questa crisi stia dimostrando che la monocoltura del turismo, in Sardegna, è una prospettiva molto pericolosa.