È questione di settimane, perché arrivi la decisione definitiva della Regione sul progetto dell’Ivi Petrolifera a Torregrande. Ieri si è svolto l’ultimo passaggio pubblico formale, la presentazione pubblica del progetto con la possibilità da parte dei presenti di fare le proprie osservazioni. Non entreremo nel merito delle osservazioni, ben fatte, proposte in forma scritta dal Gruppo di Intervento Giuridico e dal Comitato cittadino e poi ribadite ieri in forma orale. Sono questioni tecniche, per le quali esistono ovviamente interpretazioni discordanti: saranno gli uffici della Regione a fare le loro valutazioni.
Al di là dell’opportunità economica dell’intervento, che prevede 560 posti letto ma soprattutto la privatizzazione di un tratto considerevole, il Grig parla del 35%, del litorale oristanese, con il rischio concreto di saturare il settore turistico cittadino, più che di favorirlo. Al di là della questione dei posti di lavoro: l’azienda dice che ce ne saranno 75 diretti, ma nessuno fa mai menzione di come questi posti di lavoro funziono nelle grandi strutture ricettive. Gestiti da cooperative in subappalto, con contratti scandalosi, stipendi non pagati, e bancherotte di comodo. La questione su cui vogliamo concentrarci è puramente politica.
Uno può anche legittimamente ritenere che quel modello di sviluppo sia valido, senza accorgersi del fatto che i tempi sono cambiati. Senza riflettere, nemmeno, sul fatto che vari studi scientifici dicono che l’area del Pontile di Torregrande in cui sorgeranno campo da golf, alberghi e villette fra 50 anni sarà sommersa dal mare. Sospendiamo per un attimo questi problemi, e concentriamoci sul problema politico: la cessione di un’area di proprietà pubblica, la pineta, che per sua natura (è un bene ambientale) può essere sottoposta al regime giuridico dei beni comuni, quindi la cui proprietà è condivisa dalla comunità se non da tutti gli abitanti del mondo in quanto potenziali fruitori e comunque interessati al mantenimento di certi luoghi in aree delicate come quelle costiere. Ecco, non è che non la si possa cedere, si può anche fare, ma ci sono delle esternalità negative da prendere in considerazione. Nel senso che le centinaia di fruitori della pineta, potenzialmente tutti i 32 mila abitanti di Oristano, dovranno rinunciare a una parte del loro diritto di libera fruizione del bene. Certo, si garantisce che il libero accesso ci sarà sempre, salvo limitazioni in occasioni delle gare. Ma tutti sappiamo che questa promessa sarà difficilmente attuabile, perché difficilmente i golfisti sopporterebbero la vista di un pic nic sul bordo del green. D’altra parte, Comune, progettisti e proponenti dicono che l’idea è bella perché aumenta l’offerta sportiva e nell’ambito della salute e del benessere umano: in parte. Andare a passeggiare in pineta, attività gratuita ed estremamente benefica dal punto di vista della propria salute, è gratis. Giocare a golf, e a maggior ragione andare nella spa della struttura turistica, costa e anche parecchio. Le esternalità negative, insomma, ci sono. Non è che uno non possa accettarle, per carità, ma in genere pretende una compensazione. Qual è la compensazione in questo caso?
L’errore politico che contestiamo al commissario comunale, che con un irrituale atto in scadenza di mandato nel 2012 aprì la pista al progetto, a Guido Tendas e poi ad Andrea Lutzu è proprio questo. Cedono un bene comune della collettività oristanese e non si capisce cosa noi ne riceviamo in cambio. La cura e la manutenzione della pineta? L’Ente Foreste lo avrebbe fatto allo stesso modo, quindi non conta, senza però realizzare i campi. I 75 posti di lavoro? Sono ambiti differenti, non si può compensare la perdita di un bene comune, dell’unico polmone verde prossimo alla città con i posti di lavoro. Il golf e la spa? Non sono strutture dedicate agli oristanesi. La pineta, che non può essere venduta, è ceduta con una concessione d’uso che sa di vendita, dato che dura 75 anni rinnovabili fino a 95. Agli inizi si era parlato di un canone annuo di 4500 euro, meno dell’affitto di un appartamento in città, ma sembra sia sparito anche questo.
Quelli nel loro terreno possono fare quello che vogliono, fintanto che è compatibile con gli strumenti urbanistici e con le leggi paesaggistiche della Regione e dello Stato. Ma è possibile che gli si dia il nostro bene gratis? Insomma, spiegateci questo: con la gestione della pineta l’IVI fa un favore alla città, o è la città che lo fa a loro? Consentendogli, non si capisce bene con quale guadagno della collettività, di ancorare l’offerta turistico-residenziale alla pratica del golf?