Giovedì 11 giugno a Decimomannu un corteo determinato è riuscito ad arrivare fino alle reti dell’aeroporto militare, a costo di confronti anche duri con le forze dell’ordine. Non eravamo tantissimi, circa 200 persone, ma tutti compatti e concentrati sull’obiettivo di raggiungere le reti e dare un forte segnale, nonostante i 12 km di corteo sotto il sole cocente e in mezzo alla polvere e alle sterpaglie. I principali giornali sardi, impreparati di fronte a una reazione di questo tipo, dal momento che loro portano avanti continuamente una campagna di giustificazione della presenza delle basi in Sardegna, hanno iniziato a delirare sulla presenza di infiltrati del blocco nero provenienti dalla penisola. C’erano persone provenienti dal Continente, compagni e fratelli che lottano contro le grandi opere o le basi militari nelle loro regioni, ma nessun infiltrato e nessun membro del blocco nero. Tutti quanti i partecipanti al corteo hanno condiviso la scelta di affrontare i manganelli della celere pur di arrivare fino alle reti, e chi si mette a volto coperto lo fa per tutelarsi da ritorsioni legali e personali. La prima carica della polizia è arrivata a freddo su un gruppo di manifestanti a volto scoperto e mani nude e ha avuto, come risultato la testa spaccata di un compagno di Cagliari. Nervosismo e paura, questa l’aria che si respirava tra le forze dell’ordine, che non si aspettavano minimamente un corteo così compatto nella scelta di resistere alle cariche e nel perseguimento dell’obiettivo. Giovedì a Decimo non è stata messa in scena la classica rappresentazione del conflitto, giovedì il conflitto è stato reale. Certo, i numeri devono crescere, ma questo è stato un piccolo passo in avanti verso la formazione di un movimento ampio e popolare di lotta contro le basi, libero da una gestione politico-istituzionale.
A DECIMOMANNU C’ERAVAMO TUTT*!