Slot machine, i comuni possono fare di più. Alcune proposte.

“Il capitalismo ha perfettamente compreso che il potere moderno e post-moderno non doveva più passare attraverso la sudditanza dei suoi cittadini, ma in maniera molto più subliminale e morbida con la loro riduzione a dipendenti.” (Jacques Lacan)

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Finalmente anche nel nostro territorio si accendono i riflettori sul drammatico fenomeno delle slot machine. L’ultima importante presa di posizione viene dalla giunta comunale di Oristano che ha approvato un bando per contrastare la ludopatia con uno stanziamento di 8000€ e prevede “un contributo di € 800,00 a titolo di credito d’imposta, sotto forma di compensazione per il pagamento dei tributi comunali (TARI, TASI, IMU)” per “tutti i titolari di esercizi commerciali e/o artigianali con vendita diretta, di artigianato, di servizio e di somministrazione di alimenti e bevande che abbiano sede nel Comune di Oristano che si impegnino a rimuovere dal proprio esercizio nel corso del 2016 tutti gli apparecchi di tipo slot machine o videolottery”. Una scelta importante quella dell’amministrazione che certo non risolve il problema ma mostra come i comuni possano fare qualcosa in un ambito che non è di loro diretta competenza, seppure vi è bisogno di una forte scelta etica dei commercianti anche perchè gli introiti delle slot sono in media ben superiori agli sgravi fiscali comunali. Si pensi che il comune di Sassari ha promosso un anno fa un provvedimento analogo con sgravi fiscali per 1000€ ma ad oggi non ha ottenuto nessuna adesione, elemento che ci lascia pensare che anche a Oristano, per una pura questione di ricavi, ci saranno poche conseguenze benefiche.

Ma qual è la situazione in Sardegna e in provincia di Oristano?

Gli ultimi dati sono del dicembre 2015 e sono forniti da una relazione della commissione Finanze (VI) della Camera dei Deputati e mettono la Sardegna in testa nella classifica di apparecchi da gioco per numero di abitanti (una ogni 131 abitanti) e Olbia-Tempio come prima provincia con una slot ogni 95 abitanti. Nella nostra isola sono presenti 390 VLT (videolottery) e 12.314 AWP (amusement with prices) meglio note come slot machine, per un totale di 12.704 apparecchi (qui per le differenze tra VLT e slot).

In provincia di Oristano vi sono 1.489 slot machine in esercizio (una ogni 109 abitanti), 1.673 per Olbia-Tempio, 3.136 in provincia di Sassari (una ogni 106 abitanti), 1.428 in provincia di Nuoro (una ogni 110), 2.661 in provincia di Cagliari (una ogni 211), 365 in Ogliastra (una ogni 157), 713 per il Medio Campidano (una ogni 140), 849 per Carbonia-Iglesias (una ogni 150).

Sono in fase di elaborazione i dati provinciali per le videolottery.

Il quadro che emerge è allarmante. La provincia di Oristano è la terza dello stato italiano in questa classifica, una slot ogni 109 abitanti vuole dire che le slot sono parte integrante della quotidianità dei nostri piccoli centri e chi i propri paesi li vive e frequenta i bar, che sono ormai il principale fulcro della socialità paesana, si può ancor meglio rendere conto di quale sia la situazione reale.

All’inizio abbiamo scritto che l’ambito non è diretta competenza dei comuni ma le conseguenze sociali si riversano su di essi diventandone di piena competenza con l’intervento dei servizi sociali in situazioni che non si riescono più a gestire tra le mura domestiche e che spesso hanno risvolti drammatici. I comuni, dunque, e l’intera collettività hanno tutto l’interesse e il dovere di fare quanto possibile per contrastare le macchinette.

Cosa potrebbero fare i comuni oltre prevedere sgravi fiscali dall’esito infausto?

Queste sono alcune ragionevoli proposte che il nostro Collettivo fa ai sindaci del territorio.

    • Anzitutto potrebbero limitare gli orari delle sale slot e di accensione e spegnimento degli apparecchi presenti nei locali autorizzati; qui vari esempi di ordinanze dei sindaci e le conseguenti sentenze della giurisprudenza ormai orientata a ritenere legittime le ordinanze; ultima ordinanza in ordine di tempo è del 15 Febbraio e arriva da Verona (vedi qui) dove si potrà giocare “solo” 8 ore al giorno, e dove si è ricorso all’ordinanza per motivi di ordine sanitario.
    • I comuni potrebbero intervenire sulla collocazione delle macchinette vietandone l’installazione e l’accensione a determinate distanze dai luoghi sensibili intervenendo sul regolamento urbanistico edilizio; molti comuni hanno già attivato il cosidetto distanziometro con diverse distanze, chi 1km ( vedi qui l’art.20 del regolamento di polizia urbana di Bologna), chi 500m, 300m, 150m prevedendo come luoghi sensibili scuole, ospedali, luoghi di culto, sportelli bancari, postamat, bancomat, compro oro etc.. Anche intorno a questi regolamenti vi è stato un gran numero di interventi e con diversi esiti della giurisprudenza (vedi qui una scheda dettagliata e molto importante sui diversi casi) e molti dubbi rimangono circa il diverso comportamento da adottare tra sale gioco, per le quali il gioco è il core business, e gli altri pubblici esercizi autorizzati nonché sulle questioni di retroattività o irretroattività delle norme regionali e comunali.In tal senso una buona notizia che fa ben sperare e potrebbe essere di stimolo per i sindaci (nei piccoli paesi, in particolare, dove vengono a crearsi determinate dinamiche sono scelte di grande coraggio) arriva da un comune campano, Anacarpi, oggi definito il primo paese free slot. Un regolamento comunale ha sancito che slot e apparecchi con vincita in denaro devono stare distanti 150m dai luoghi sensibili dando tempo un anno ai commerciati per adeguarsi; il regolamento, per ottenere una ulteriore legittimazione popolare, è stato sottoposto a referendum constestualmente alle elezioni regionali con una netta vittoria del SI a favore del regolamento. In seguito ai ricorsi è arrivata la sentenza del consiglio di Stato che nel respingerli ha così sancito: “le sale giochi e gli esercizi dotati di apparecchiature da gioco, in quanto locali ove si svolge l’attività attualmente consentita dalla legge, sono qualificabili, seguendo l’elencazione contenuta nell’art. 50, comma 7, d.lgs. n. 267 del 2000, come “pubblici esercizi”, dimodo che per dette sale il Sindaco può esercitare il proprio potere regolatorio, anche quando si tratti dell’esercizio del gioco d’azzardo, quando le relative determinazioni siano funzionali ad esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica” (vedi qui, può anche essere scaricata l’intera sentenza). Una sentenza importantissima che per i nostri piccoli centri, con la possibilità di aumentare la distanza minima, potrebbe sancire la condanna a morte delle slot.
    • I comuni della provincia potrebbero fare rete stabilendo delle linee guida e impegnandosi ad adottare i vari provvedimenti, siglare protocolli d’intesa con le scuole, le ASL, le associazioni attive nel territorio, fare pressione per l’istituzione di una legge regionale sul gioco d’azzardo patologico; possono mettersi in rete con gli altri comuni che hanno aderito al Manifesto dei sindaci contro il gioco d’azzardo.

Le slot machine, le videolottery e tutto ciò che va a riempire le tasche dei ludocapitalisti, sono per noi uno strumento di classe, una ulteriore arma del capitale per ingabbiare i lavoratori e le fasce deboli della società, più inclini a cedere al tranello, di norma presente proprio in quei luoghi (di prossimità) maggiormente frequentati dalle fasce popolari; da una parte quindi l’attacco al salario con il continuo flusso dalle tasche dei lavoratori al ludocapitalista e dall’altra, citando György Lukács, la creazione di individui sociopaticamente atomizzati, con un effetto, quello del gioco, di estraniazione dalla realtà, disgregante per l’io e per le comunità di appartenenza, che distrugge le relazioni sociali e politiche. Noi comunisti non dobbiamo avere paura di essere tacciati di proibizionismo o di allontanarci da talune scelte presunte ‘liberal’ della storia recente; noi dobbiamo affermarlo con forza che siamo per la proibizione di tutto ciò che crea profitti sulla pelle dei lavoratori, legale o non legale che sia. Per noi la grande multinazionale del gioco è il grande spacciatore di eroina e di cocaina; l’ultimo agente che firma il contratto per l’installazione della slot machine è l’ultimo spacciatore di eroina e di cocaina della catena.

Per noi tutte queste figure sono nemici di classe che vanno cacciate nella spazzatura della storia e ciò può essere fatto solo da chi è libero e liberato da dipendenze e false rappresentazioni della realtà.

m.c.

LE MANI SULLA TERRA PER LA SOVRANITA’ ALIMENTARE

terraLe terre per l’agricoltura spariscono e non torneranno più.
La superficie totale dell’Italia è di poco più di 300.000 kmq, con solo 22% di pianura, il resto montagne (35%) e zone collinari (42%). La superficie agricola era nel 1961 l’88% della superficie totale del paese, nel 1982 era scesa al 75%, nel 2010 si era ridotta al 56%. (ISTAT). Solo tra il 2010 ed il 2013 (ISTAT), il numero delle aziende agricole si e’ ridotto del 9,2 %. Ed il numero degli addetti del 8,1%. Crescono però le giornate di lavoro per addetto. In particolare la maggiore variazione si osserva nelle Isole (+25,5%), dove si passa da una media di 56 a una di 71 giornate/uomo. Lavorare di più per cercare di sopravvivere.

In Sardegna, secondo i dati ISTAT, dal 2010 al 2013 le aziende sono diminuite del 14,1% (dopo che tra il 2000 e il 2010 erano già diminuite del 43%), la manodopera si è ridotta del 18,7%, le giornate di lavoro dell’11%, segno di una crisi che, nonostante qualche recente segnale in controtendenza, è strutturale e non ha ancora ottenuto risposte adeguate.

Nel nostro paese l’agricoltura affonda le sue radici nel lavoro, con 2,5 milioni di persone che coprono il lavoro della manodopera familiare e 1 milione di persone impegnate nel lavoro dipendente. Cioè 3,5 milioni di italiani di origini diverse fanno vivere una delle più importanti agricolture del pianeta.

Il seminario che il Centro Internazionale Crocevia organizza insieme con il Coordinamento dei Comitati Sardi, che lottano per la tutela, la salvaguardia e il corretto utilizzo del territorio e delle risorse naturali, toccherà importanti tematiche. Si svilupperà su due giornate, una prima interamente dedicata alla situazione nazionale e alle lotte in Sardegna, la seconda giornata vedrà la partecipazione di ospiti internazionali.

I temi trattati saranno:
– Dal locale al globale: la lotta per la terra, un legame del movimento contadino attraverso i continenti
– La questione della terra e l’espansione del land grabbing in Europa
– L’utilizzo e l’accesso alla terra: le Linee Guida Volontarie della Fao e le proposte italiane di legge sull’agricoltura contadina
– Voci dal Sud America: il manuale della Via Campesina
– La questione della terra, lo sviluppo rurale e l’agricoltura contadina in Sardegna come bene comune da difendere e valorizzare per una visione diversa del nostro futuro
– L’azione dei comitati sardi e la loro storia

Qui l’evento facebook —> https://www.facebook.com/events/1692873150981665

Ex Distretto militare di Oristano: chi è il vero vandalo?

IL 29 ottobre dell’anno scorso ci occupammo, su questo blog, dell’Ex Distretto militare di Oristano. Il complesso è tornato in questi giorni agli onori delle cronache a causa di un atto di vandalismo che ne ha deturpato un muro esterno, che, en passant, è la facciata gotica della chiesa di San Francesco.
Giustamente sui social network e nelle chiacchierate cittadine si è scatenata la rabbia verso l’autore della scritta, un cretino senza appello. Tuttavia ci preme sottolineare che forse non sarebbe successo niente se quel complesso venisse considerato dalla città come un vero monumento, un luogo di rafforzamento dell’identità e della memoria storica. Quel luogo attualmente è tante cose: è un parcheggio, è un angolo riparato dove accendersi le sigarette quando tira vento, è un pisciatoio, ma non è un monumento.

ex distretto demanio militare
Questa, anche se potrebbe non sembrare, è una storia di servitù militari. Come emerge dai documenti ufficiali della RAS (qui), il complesso è l’ex Caserma Eleonora d’Arborea, sede del Distretto Militare di Oristano fino al 1986. L’ingegnere Gabriele Tola, soprintendete ai beni culturali e artistici della Sardegna nel 2012, dichiarò alla Nuova Sardegna che “L’uso militare, soprattutto negli ultimi 25 anni, ha causato gravi e radicali mutamenti architettonici” (qui). Ci sono dei progetti di recupero, per cui servono tre milioni di euro, e siccome la situazione, almeno pubblicamente, non è cambiata da una virgola dall’anno scorso, vi rimandiamo all’articolo Considerazioni sull’Ex Distretto militare di Oristano. Tre milioni di euro sono tanti, e sembra proprio che non li voglia sborsare l’attuale proprietario che è anche uno dei principali responsabili del degrado in cui versa la struttura oggi, ossia il ministero della Difesa che, anzi, il 7 novembre 2014, rispondendo a una nostra mail, ha specificato che: “In relazione a quanto richiesto si rappresenta, per quanto di interesse del demanio, che la Ex caserma Eleonora d’Arborea, è stata dismessa definitivamente alla Amministrazione Finanziaria in
data 25-11-2013 con verbale n. 2013-9969-STCAZ.”.

Per dirla terra-terra: questi qui hanno preso un edificio di un’importanza storica altissima per la città di Oristano, dove si intrecciano le storie del convento francescano con quella della Corona de Logu, ossia il massimo organismo politico collegiale del Giudicato di Arborea, che proprio là si riuniva, e lo hanno trasformato in una caserma; durante il periodo di utilizzo da parte dei militari il complesso ha subito gravi e radicali mutamenti (e sono parole di un tecnico, non nostre) e per di più è stato sottratto alla memoria storica degli oristanesi, trasformandolo in un luogo privo di alcun valore per chi ci passa davanti. Ora pare, perché in queste storie per avere delle certezze bisogna lottare a lungo, che non siano disposti a sborsare nemmeno un euro per il suo restauro e per riconsegnarlo alla città. A questo punto la domanda sorge spontanea: chi è il vero vandalo?

Davide Pinna