QUELL’INDAGINE EPIDEMIOLOGICA A CAPO FRASCA PROMESSA MA MAI EFFETTUATA

Contano qualcosa gli amministratori locali quando si parla di interessi militari? La domanda è lecita, se si pensa a tutte le proteste, perlopiù inascoltate, dei sindaci in merito ai ritardi e ai mancati pagamenti degli indennizzi. Ma il problema è ancora più grave quando si tratta di dubbi sull’inquinamento ambientale e sui pericoli per la salute che le basi militari in Sardegna comportano. Già l’anno scorso avevamo denunciato come, dagli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’Uranio impoverito, da interrogazioni parlamentari e da alcune testimonianze raccolte dalla stampa sarda, risultasse che il poligono di Capo Frasca – al di là della propaganda militare, che lo dipinge come un luogo dove la salute delle persone non è a rischio – mostrasse parecchie criticità in termini di inquinamento e pericoli sanitari (qui). Si parlava di inquinamento del pozzo artesiano utilizzato dalla mensa del poligono, di numeri relativi all’incidenza tumorale esorbitanti con l’ex deputato di SEL, Michele Piras, che denunciava, in un’interpellanza del 2014, 23 casi di tumori fra i 70 dipendenti, civili e militari, che avevano prestato servizio a Capo Frasca tra il 1999 e il 2010.

Il comune di Arbus qualcosa aveva provato a farlo, ecco cosa.

Il 18 ottobre 2011, l’allora sindaco di Arbus Francesco Atzori, chiede all’allora assessore regionale alla salute Simona de Francisci di  accelerare al massimo l’avvio dei lavori della Commissione sulle indagini epidemiologiche relative ai cittadini residenti nell’area vasta gravata da servitù militare pertinente al Poligono di Capo Frasca, con estensione dell’indagine stessa anche sulla qualità delle acque e sulla salute animale.

Il 27 marzo 2012 Atzori reiterava la richiesta, stavolta al fine di accelerare
l’estensione delle indagini epidemiologiche e delle verifiche ambientali già attivate per il Poligono di Quirra anche al Poligono di Capo Frasca nel Comune di Arbus. La risposta della Regione arrivava il 23 aprile 2012, e si assicurava che il board scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità che stava svolgendo l’analisi epidemiologica di Quirra avrebbe esteso la ricerca anche al poligono di Capo Frasca.

Nei fatti però pare che questa rassicurazione sia rimasta disattesa. Infatti due anni dopo, audito dalla Commissione Difesa della Camera, Atzori denunciava: “A Capo Frasca non è mai stata svolta alcuna indagine per rassicurare la popolazione sull’assenza di pericoli per la salute umana e animale. Perché non si fa? Perché?!?”.  Quando poi, nel 2015, venne pubblicata la relazione dell’Istituto Superiore di Sanità (qui), su Capo Frasca e Arbus neanche una parola.

Questa storia fa il paio con la denuncia, che facemmo nella scorsa primavera, sulla mancata attuazione della richiesta della Provincia di Oristano nel 2011 alle ASL di Oristano e di Sanluri, di verificare il tasso di incidenza delle patologie tumorali. La ASL di Sanluri non si curò nemmeno di rispondere, quella di Oristano disse chiaramente: “Senza un registro dei tumori non possiamo farlo”. Il registro dei tumori, a 7 anni di distanza, non esiste ancora.

Il punto è questo: a Capo Frasca non si può sapere ufficialmente se ci sono pericoli per la salute. Non parliamo solo delle popolazioni civili, parliamo dei dipendenti civili e militari e della fauna presente all’interno del poligono. Perché non si può sapere? Perché non si può indagare sulle denunce esposte dal maresciallo Palombo sui casi di tumore fra i colleghi di Capo Frasca? Perché non si può indagare sulle denunce esposte alla stampa dall’ex aviere di Scano Montiferro, Angelo Piras, che raccontò la morte di tumore di due suoi colleghi che, come lui, raccoglievano i materiali inerti dopo le esercitazioni a mani nude?