L'atteggiamento verso Salvini e verso il pensionato che dice che non ne può più di tutti questi immigrati non può essere lo stesso. I razzisti vanno combattuti, gli xenofobi persuasi.
Sul web, nelle strade, nei bar: i discorsi razzisti – e conseguentemente gli atteggiamenti dello stesso segno – sono ormai dilaganti. La Sardegna, nonostante qualcuno cerchi di idealizzare un immaginario e atavico spirito di accoglienza innato, non è esente da questo processo infame che vede persone, magari buonissime nella vita di ogni giorno, restare indifferenti o addirittura gioire di fronte alla disperazione dei migranti o all’ennesima tragedia del mare.
Come tutti i fenomeni umani, anche questo è complesso e sfaccettato. Potrebbe essere molto utile affrontare la questione attraverso la differenziazione delle parole per indicare atteggiamenti diversi.
La proposta, che ha un valore politico intrinseco e non è una mera questione di precisione semantica, è la seguente: distinguere tra razzismo e xenofobia. Il razzismo è un atteggiamento fondato sulla credenza della divisione dell’umanità in razze, fatto smentito definitivamente da decenni dalla scienza sia nell’ambito dell’antropologia medica che in quello dell’antropologia culturale. Ne consegue una visione discriminatoria e coscientemente emarginazzante dei gruppi etnici differenti, generalmente finalizzata a scopi politici. La xenofobia, potrebbe essere allora intesa, con riferimento all’etimologia greca della parola, come la paura dello straniero. Paura, appunto, dunque un sentimento irrazionale, non cosciente e non finalizzato ad alcunché. Paura che spesso è dettata da ignoranza, anche senza far riferimento a chissà quali livelli di analfabetismo, nel senso che un laureato con quattro master può essere xenofobo perché non ha la minima conoscenza dei fondamenti dell’antropologia culturale o gli mancano nozioni elementari di storia e geografia.
Qual è il valore politico di questa precisazione? Si tratta di distinguere due obiettivi nella lotta contro il razzismo/xenofobia imperante. Da un lato i razzisti, gli imprenditori politici della paura – Salvini, Fusaro, eccetera – e dall’altra le persone normali, xenofobe perché condizionate dai razzisti, perché l’essere umano innatamente è diffidente verso lo straniero e per ignoranza di discipline che favoriscono la convivenza e affievoliscono le naturali tensioni interculturali. Contro i primi è lecito qualsiasi mezzo, sempre all’interno di una visione tattica intelligente; contro i secondi, l’arma è la persuasione, la gentilezza e la pazienza, ma soprattutto una programmazione culturale e scolastica finalizzata a creare dimestichezza con lo straniero, non paura, perché la paura finisce sempre per diventare odio.
dp