REFERENDUM, NUOVO STATUTO E INDIPENDENZA. APPELLO AI PARTITI, AI MOVIMENTI E ALLE PERSONE

sardegnaI risultati del referendum costituzionale in Sardegna sono inequivocabili. La vittoria schiacciante del NO è un segnale chiaro e indubitabile, della totale delegittimazione della classe politica italiana e della sua appendice sarda. Personaggi che pensano alla loro carriera prima che agli interessi dell’isola, vedi Pigliaru e Zedda e i loro endorsement al Sì, forse illuminati dalla prospettiva del seggio senatorio. Inoltre è un chiaro rifiuto dei sardi delle tendenze neocentraliste in auge in Italia e in tutta Europa grazie all’azione e all’influenza delle agenzie finanziare internazionali, e appoggiate dal succube centrosinistra isolano. Questo significa che è necessario rispondere non tanto con la sterile difesa dell’autonomia come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, ma con il suo ampliamento e ammodernamento, con la prospettiva finale dell’indipendenza.

Per questo aderiamo alla proposta di ProgReS – Progetu Repùblica, rilanciata oggi da Cristiano Sabino del Fronte Indipendentista Unidu. Riscrivere lo statuto partendo da tre capisaldi: 1) Riconoscimento della nazione sarda; 2) Riconoscimento della co-ufficialità del sardo e delle altre lingue di minoranza parlate nell’isola; 3) Riconoscimento del diritto all’autodeterminazione.

Come procedere in questa direzione? Proviamo a fare una modesta proposta, sperando che chi la legge ne lasci perdere la pretenziosità e si concentri sul fatto che è necessario stilare una road map per andare verso questo obiettivo. Potrebbero essere solo fantasie, ma parlarne non fa male.

Un primo passaggio deve essere a nostro parere una mobilitazione popolare che ribadisca che la fiducia nei confronti del presidente della regione Pigliaru è venuta meno. Il risultato elettorale conferma questo assunto, di cui molti erano consapevoli già da tempo. Pigliaru ha abbracciato un tentativo di riforma della costituzione italiana che mirava a restringere fortemente l’autonomia delle regioni, Sardegna inclusa. Tutti i discorsi sulla rinascita dell’autonomia si sono rivelati semplice aria fritta. Considerando che questi discorsi erano alla base del programma elettorale che ha portato Pigliaru alla presidenza, con la complicità di un’astensione altissima e di una legge elettorale indegna, diventa evidente che le dimissioni sono l’unica scelta praticabile da Pigliaru. Tale scelta potrebbe ricevere una spintarella dai partiti della maggioranza che hanno sostenuto  il NO al Referendum e se queste organizzazioni non vogliono perdere il sostegno elettorale, hanno hanno ben poche altre possibilità. Gli elettori sardi hanno parlato, Pigliaru non li rappresenta più.

Il secondo passaggio potrebbe essere la creazione di un fronte popolare che riunisca le forze indipendentiste e autonomiste che punti a vincere le elezioni con due obiettivi di governo in particolare: 1) modifica della legge elettorale regionale in senso maggiormente rappresentativo; 2) indizione di elezioni con una legge proporzionale pura per la creazione di un’assemblea costituente, rappresentativa della società sarda nella sua interezza, capace di costruire uno statuto dell’autonomia moderno, più ampio e, perché no?, con l’obiettivo finale dell’indipendenza.

Infine a questo punto scatterebbe il “liberi tutti”. In altre parole all’interno di questa assemblea costituente le forze partecipanti dovranno porsi l’obiettivo di costruire uno statuto condiviso e rappresentativo, magari con una scadenza temporale di uno o due anni, e terminato questo processo sottoporre il testo a un referendum confermativo che permetta ai cittadini di esprimersi in maniera diretta. Dopo il rererendum, se l’esito fosse l’approvazione dello Statuto, si dovrebbe procedere alle dimissioni della Giunta e dunque a nuove elezioni.

Fantasie? Forse si tratta solo di quello, ma se vogliamo fare passi in avanti ci tocca iniziare a ragionare concretamente.

Collettivo Furia Rossa – Oristano