Un Conte senza contea, al servizio del miglior offerente

Mentre il teatrino dei social si spella le mani per il presunto blasting del presidente del consiglio ai danni di Meloni e Salvini, forse è il caso di tenere fermo il nostro sguardo sul vero problema: la totale inadeguatezza delle misure economiche che il governo di centrosinistra sta adottando per far fronte al lockdown. La vera notizia dell’irrituale conferenza stampa svolta ieri da Conte è il rifiuto di una qualsiasi forma di tassa patrimoniale. La cosa è passata in secondo piano; dice bene, in una nota pubblicata sulla propria pagina facebook, Potere al Popolo: «Una delle prime cose che si insegnano in retorica è che, se vuoi coprire la vuotezza del discorso o distrarre gli spettatori dal punto principale, devi alzare un picco, con un’immagine, una metafora, un attacco, di modo che l’attenzione si fermi su quel passaggio e metta sullo sfondo il resto». Tra ricerca inutile di una verità assoluta e sbandieramento di feticci economici come gli eurobond, sparisce dalla scena il punto fondamentale: Conte e la sua maggioranza non vogliono redistribuire la ricchezza in Italia e nelle sue colonie. Chi sta entrando nell’abisso della crisi economica ora, fra qualche mese si ritroverà abbandonato a se stesso, in un clima generale da si salvi chi può.

La questione dell’attacco all’opposizione di destra merita comunque un passaggio, seppur marginale. Il problema di fondo è che, nel giro di pochi anni, una serie di processi culturali, in atto a vari livelli della società in cui viviamo, hanno spazzato via millenni di dibattito scientifico che hanno portato, all’inizio del Novecento, a rendersi conto che non esiste una verità assoluta, niente è oggettivo nel mondo: tutto si fonda sulla percezione dell’osservatore. Con buona pace della Relatività di Einstein, oggi una parte considerevole dell’inteligencja, cioè di quei gruppi sociali che vivono lavorando con gli strumenti prodotti dagli intellettuali, è convinta che nel mondo esista una verità assoluta, che nel dibattito scientifico esista un vero e un falso oggettivamente determinabili. Il discorso forse merita di essere approfondito in altra sede, ora mi pare giusto sottolineare che il dire balle rientra pienamente nei diritti delle opposizioni. Per il semplice fatto che non esiste in politica alcun modo di distinguere le bugie dalle verità, dato che niente è vero in quel campo. Mi si può dire che l’opposizione di Salvini e Meloni è un’opposizione eversiva, che punta alla conquista del potere anche attraverso la manipolazione della verità e la continua diffusione di notizie false. Vero, ma il loro obiettivo è quello di imporre una verità assoluta, la loro verità post-fascista: se, per combattere questo rischio, si adotta la stessa strategia, direi che si va ben poco lontano. Le balle si smentiscono nelle sedi opportune, quelle cioè deputate al dibattito politico. Non in una comunicazione istituzionale. Ma lasciamo perdere questa nota di colore e torniamo ai fatti. La strategia politica di Conte, perché esiste anche se non si vede, è basilare: restare in sella, magari anche dopo la fine di questa legislatura. Questo, al netto degli orpelli ideologici, è lo scopo di qualsiasi politico da quando esistono organizzazioni sociali umane. E Conte, che alla politica non appartiene, non ha nemmeno il gusto di indossarli questi orpelli. È di sinistra? È di destra? È, in fondo, un conte senza contea, che si offre per il prezzo migliore ai partiti che di volta in volta ne chiedono i servigi. E intanto, zitto zitto, costruisce una base di consenso puntando a fare quello che non riuscì a Mario Monti. Il dato politico è che una timidissima, quasi irricevibile per quanto era simbolica, proposta di redistribuzione della ricchezza era arrivata dai gruppi parlamentari del Partito Democratico. Immediatamente è stata disconosciuta da Zingaretti, che anzi si è affrettato a dire che apprezzava molto il discorso di Conte, quello in cui si diceva che non ci sarà alcuna forma di patrimoniale. Tutto l’arco costituzionale è insorto contro il contributo di solidarietà immaginato da Del Rio che, ripeto, è una misura minima di buon senso, non la si può nemmeno definire di sinistra da quanto è banale. Conte si fa il duro a spese di Salvini e Meloni, ma occhio che i likes della pagina “Le bimbe di Conte” non si trasformano in voti con qualche miracolo alchimistico. Il suo vero obiettivo, però, è distrarre l’opinione pubblica dal vuoto della sua politica economica. Misure di sostegno inefficienti, che passano per le banche aumentando i rischi di una crisi del debito privato simile a quella del 2007, o che coinvolgono solo fette marginali delle classi più deboli, peraltro in maniera del tutto insufficiente. Sullo sfondo il feticcio degli Eurobond. Di fronte all’abbandono del fronte eurobondista da parte di tutti gli alleati europei, Conte e i 5 Stelle – i campioni della politica senza contenuto – hanno cercato di tenere il punto, rimediando una sonora batosta. L’accordo, almeno agli occhi di chi non vuole cambiare lo status quo, è anche accettabile, ma si sono scavati la fossa da soli facendo degli Eurobond uno stendardo propagandistico con poca sostanza alle spalle. Quel che c’è sotto, però, non cambia. Mes o Eurobond che siano, sempre di debito si tratta. E senza un cambiamento rivoluzionario di paradigma economico, alla fine della fiera dovremo pagarlo noi e lo pagheremo con la distruzione definitiva dello stato sociale. Servono risorse? Allora c’è un solo modo per ottenerle: tassare pesantemente le rendite, e soprattutto quelle azionarie, e i redditi e i patrimoni altissimi, ricorrendo a forme più mitigate, ma comunque doverose, per quelli medio-alti.

dp