L’arrivo dell’estate è per molti giovani sardi l’occasione di entrare per la prima volta nel mercato del lavoro, per altri ancora può essere l’occasione di rientrarci dopo un periodo di disoccupazione e di strenua ricerca di una occupazione durante il resto dell’anno. La stagione estiva rappresenta infatti il picco di attività per diversi settori, in particolare quello del turismo e della ristorazione cui si aggiunge l’agricoltura con la raccolta di molti prodotti stagionali, e tante sono le figure che vengono ricercate dalle imprese per completare gli organici: camerieri, camerieri ai piani, baristi, pizzaioli e aiutopizzaioli, lavapiatti, cuochi e aiutocuochi, addetti di cucina, facchini, personale di fatica e pulizia, animatori, portieri, gelatai, braccianti agricoli e giornalieri di campagna. Queste sono alcune delle principali figure ricercate per “fare la stagione”.
Tutte sono accomunate dalla grande dignità che ognuno di questi lavori porta con sé e dal fatto che ognuno di questi lavori dovrebbe essere contrattualizzato, pagato il tanto giusto (per il momento quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali di settore) e protetto dall’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e dai contributi per la previdenza sociale.
Dovrebbe.
Purtroppo non basta la precarietà intrinseca a questi lavori e la flessibilità che viene richiesta per essere un bravo lavoratore; infatti, come è ben noto, il lavoro nero e sottopagato spadroneggia nelle coste e nella campagne della Sardegna. Un ricatto dopo l’altro dal quale è difficile sottrarsi se l’alternativa è quella di doversi fare la stagione sul divano di casa e che mostra con tutta evidenza come l’assimetria nei rapporti di forza tra datori di lavoro e lavoratori emerga sin dalle prime fasi.
Inutile negare che in alcune zone e in alcuni paesi il lavoro nero ha assunto una completa normalizzazione; lavorare in nero è la prassi e se ne può parlare tranquillamente. La narrazione tossica e falsa sui “privilegi” del lavoratore dipendente ha tolto di dosso la vergogna sociale al datore di lavoro che assume in nero quasi fosse realmente una giustificazione liberatrice. Se ne parla al bar, lo sanno nelle caserme di bidda, lo sanno negli ispettorati del lavoro ma nessuno interviene. Non si interviene per non compromettere la pace sociale delle sempre più piccole comunità ma deve essere ben chiaro che in questa pace sociale gli eterni perdenti sono i lavoratori e chi si spacca per anni la schiena a 5-6 euro l’ora (quando va bene) o per 1€ a cassetta di pomodori, salvo poi non poter spiegare all’Inail che i dolori sono legati all’attività lavorativa perché non si è mai versato un euro di premio.
L’unico modo per riequilibrare l’assimetria esistente, manco a dirlo, è l’unità e l’organizzazione dei lavoratori. Una possibilità remota nel breve periodo, così come attualmente è distante dalla realtà pretendere dal singolo lavoratore la vocazione al martirio in nome del giusto salario e del lavoro regolare.
In questo quadro l’unica cosa che possiamo fare è diffondere consapevolezza dei diritti e fornire qualche consiglio ai giovani, ai nostri coetanei e a tutti i lavoratori che iniziano un nuovo lavoro in nero o che con il passare dei giorni si accorgono che il contratto di lavoro firmato è un contratto fasullo fatto solo per risparmiare sul costo del lavoro:
1) non esiste la colpa di accettare un lavoro in nero e tantomeno esiste il reato di “accettazione di lavorare in nero”. Se fai emergere la tua posizione di lavoratore irregolare non puoi subire nessuna conseguenza legale;
2) puoi regolarizzare la tua posizione lavorativa anche quando il rapporto di lavoro è ormai terminato e ottenere quanto ti sarebbe spettato se il rapporto di lavoro si fosse costituito regolarmente sin dall’inizio, compresi i contributi previdenziali e i premi assicurativi ed eventuali maggiorazioni della retribuzione dovute a lavoro straordinario, notturno, festivo, domenicale. Per fare ciò ti devi recare all’ufficio vertenze di un sindacato dei lavoratori e iniziare una vertenza di lavoro che di solito inizia sempre con un tentativo di conciliazione tra le parti;
3) non puoi iniziare una vertenza di lavoro senza uno straccio di prova. Per ricostruire le proprie spettanze economiche è bene avere a disposizioni più elementi possibile. Quello che consigliamo è di segnare sempre i giorni e le ore di lavoro e gli straordinari; conserva sempre eventuali fogli dei turni di lavoro ed eventuali fogli di comunicazione dell’azienda (è una prova del tuo rapporto); salva sempre e archivia sms, messaggi whatsapp e mail del datore di lavoro dove ti indica i turni di lavoro o ti da comunicazioni di qualsiasi tipo. I datori di lavoro più accorti potrebbero darti le informazioni solo oralmente o tramite chiamate: prendi in considerazione di registrare le conversazioni;
4) non fidarti ciecamente del tuo datore di lavoro anche se è “una brava persona” o se è un tuo caro amico o un tuo parente. È sempre meglio prevenire e non sai mai cosa potrà accadere in futuro. Ricordati che prima lavori e poi vieni pagato!
5) se sai di altri colleghi che vogliono ottenere giustizia, portate avanti la vertenza insieme. Più si è più si è forti;
6) chi ti sta facendo lavorare non ti sta facendo un favore. Se stai lavorando è perchè lui ha bisogno di te e ti deve retribuire tutto quanto è stabilito dalla contrattazione collettiva;
7) spesso ci vengono fatti contratti in cui il livello (o inquadramento) non corrisponde alla mansione effettivamente svolta per retribuirci meno: ad esempio pur essendo una cameriera cui spetterebbe l’inquadramento C2 vengo registrata nel contratto con inquadramento D1 e così riceverò pressapoco 150€ in meno al mese (ogni contratto ha una sua suddivisione in livelli). Stiamo sempre attenti al contratto e verifichiamo che il livello corrisponda a ciò che effettivamente svolgo. Anche in questo caso possiamo cominciare una vertenza per fare un ricalcolo e ottenere quanto ci spetta o ci spettava di diritto.
8) se la tassazione sulle imprese è troppo alta non è certo colpa dei lavoratori. Non siamo noi a doverne pagare le conseguenze. Non sentiamoci in colpa a portare avanti una vertenza e non poniamoci di questi problemi, non sono problemi che appartengono alla nostra classe, ne abbiamo già abbastanza di nostri!! I datori di lavoro hanno le loro associazioni datoriali, se la vedano loro con le istituzioni competenti. Una volta che noi iniziamo a lavorare abbiamo il diritto e dovere di chiedere e ottenere tutto ciò che ci spetta.